La vita quotidiana in Italia
ai tempi dell'uomo di Similaun

Un esempio di vaso campaniforme
di Sergio RInaldi Tufi
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Martedì 15 Gennaio 2013, 10:50
ROMA - L’et del Rame: la Pianura Padana e le Alpi al tempo di tzi. Nel titolo proposto per la grande mostra che si terr al Museo Diocesano di Brescia dal 26 gennaio al 15 maggio, il comitato scientifico presieduto da Raffaele C. de Marinis (Universit Statale di Milano) ha voluto evocare la celebre mummia rinvenuta nel 1991 nel ghiaccio del Similaun, 3200 metri di altitudine al confine fra Val Venosta (Alto Adige, Italia) e tztal (Tirolo, Austria: da qui deriva il nomignolo tzi, attribuito al corpo dopo il ritrovamento). Vedremo l’equipaggiamento che l’Uomo del Similaun portava con sé, nonché (dopo vent’anni di studi e analisi) le ricostruzioni della sua fisionomia e del suo stato di salute. E così Ötzi sarà protagonista anche se il corpo non sarà presente: rimarrà al sicuro nella sua teca supertecnologica nel Museo di Bolzano. Ma ovviamente nella mostra c’è anche ben altro: l’età del Rame (o Eneolitico: 3400-2200 a.C.) è quella in cui si sviluppa la metallurgia, con la lavorazione appunto del rame spesso fuso in lega con l’arsenico; in cui si potenziano l’agricoltura e l’allevamento ereditati dal Neolitico; in cui si inventano l’aggiogamento degli animali per trazione, l’aratro, la ruota, il carro; in cui le società sembrano articolarsi in gerarchie.



L’UOMO DEI GHIACCI



Ötzi, si diceva, è stato rinvenuto negli anni ’90 del secolo scorso: ma nell’area dell’arco alpino e della Pianura Padana fino alle sue propaggini sud-orientali (province di Modena, Bologna, Forlì-Cesena)le scoperte cominciano nell’ultimo scorcio dell’Ottocento (nel 1884-85 Gaetano Chierici scava la necropoli di Remedello Sotto presso Brescia) e in pratica non si sono mai interrotte: nel 2009-2010 si mettono in luce le 74 tombe di Via Celletta dei Passeri a Forlì. Un lungo lavorìo portato avanti da decine di studiosi.

Cominciamo proprio dalla presenza-assenza dell’Uomo di Similaun: la documentazione esposta in mostra ci confermerà che ormai si sa tutto di lui, a partire dalla datazione (3300-3100 a.C). Tranne un dato: che ci faceva lassù, per poi essere ucciso? Era un uomo in fuga? Un guerriero? Un malvivente che aveva avuto pane per i suoi denti? La vittima di un delitto?



I TATUAGGI



Trovato casualmente nel ghiacciaio da due escursionisti tedeschi che avevano sbagliato strada, l’Uomo deve l’eccezionale conservazione del suo corpo e del suo equipaggiamento alle peculiari condizioni climatiche. Aveva capelli e occhi castani; il suo sangue era del gruppo 0. Sorpresa: presentava sul corpo 57 tatuaggi, sia pure semplici (punti, linee, crocette), che sono i più antichi a noi noti, e non erano eseguiti con aghi, ma con minuscole incisioni poi coperte con carbone vegetale. Aveva 45-50 anni ed era alquanto malconcio: insofferenza al lattosio, colesterolo alto, arteriosclerosi, predisposizione all’infarto. Forse aveva lavorato in una fonderia: tracce di rame e arsenico nei capelli, polmoni anneriti dal fumo. Non morì però per tutto questo: una freccia di selce all’interno della spalla sinistra rivela che fu colpito da dietro. Sembra in un agguato, con colluttazione: sono state accertate tracce di sangue di quattro persone diverse. La situazione doveva essere precipitata all’improvviso: poco prima aveva consumato con calma un abbondante pasto a base di stambecco e cereali. Interessante l’equipaggiamento, a partire da un inatteso ombrello a graticcio. Il perizoma, la sopravveste e i gambali sono in pelle di capra; il cappello è in pelliccia di orso; le scarpe hanno la suola di pelle di orso con il pelo rivolto verso l’interno. Ötzi era armato fino ai denti: pugnale in lama di selce con impugnatura di frassino, dentro fodero in corda; arco, pure in legno; faretra con 14 frecce; ascia con lama trapezoidale.

L’ascia e la lama del pugnale consentono di stabilire un nesso con la già ricordata necropoli di Remedello Sotto, in uso, con 124 tombe,lungo tutto l’Eneolitico. Le armi (in selce o in rame) sembrano evidenziare, in una nuova articolazione della società, l’affermarsi della categoria del guerriero; e sono sempre le armi con la loro diffusione a testimoniare quanto ampia fosse la rete di comunicazioni e scambi.



LA CERAMICA



Anche la ceramica testimonia l’ampio raggio dei rapporti: è presente nel Bresciano quella inquadrabile nella cultura del Vaso Campaniforme (2500-2200 a.C.), così chiamata in quanto rappresentata da contenitori a forma di campana, con tipica decorazione a pettine.

E ancor più ampia è la diffusione delle sculture, dalla Penisola Iberica alle steppe a nord del Mar Nero passando per il sud della Francia, le Alpi, la Grecia meridionale: statue-menhir (e cioè massi infitti nel suolo e istoriati con figure di vario genere), stele a forma umana, incisioni rupestri. Pur diverse fra loro, le stele di Aosta e di Sion (Capitale del Vallese in Svizzera) e le statue-stele del Trentino-Alto Adige raffigurano personaggi maschili armati e personaggi femminili con gioielli e abiti riccamente decorati. Celeberrimi e enigmatici, i massi istoriati della Val Camonica e della Valtellina mostrano, fra i tanti soggetti, armi e dischi solari come simboli maschili, mantelline e pendagli a spirale come simboli femminili, mantelli a scacchiera associati con branchi di cervi di dubbia interpretazione. I dubbi del resto riguardano un po’ tutte queste sculture e la loro funzione: il fatto che tavolta siano disposte in allineamenti significa probabilmente che erano destinate a delimitare luoghi scelti per riti religiosi.
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