Leonardo, la Tavola Doria ritrovata
Da mercoledì in mostra al Quirinale

La Tavola Doria
di Fabio Isman
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Martedì 27 Novembre 2012, 15:35 - Ultimo aggiornamento: 28 Novembre, 14:45
ROMA - Un eccezionale dipinto scomparso dal nostro Paese da oltre mezzo secolo, pochissimo studiato prima e che forse far assai discutere gli studiosi dell’arte, stato recuperato dai carabinieri . È così straordinario che, da domani al 13 gennaio, sarà esposto al Quirinale. Il Capo dello Stato inaugura infatti questa mattina la mostra d’un quadro solo, la cosiddetta Tavola Doria. Per i più, la copia cinquecentesca della scena centrale della mitica Battaglia d’Anghiari, commissionata a Leonardo per Palazzo Vecchio. Ma, per alcuni, perfino un bozzetto di sua mano. Veniva venduta fino a 120 milioni di dollari: la volevano, pare, anche il sultano del Brunei, uomo tra i più ricchi al mondo, e il fondatore di Microsoft Bill Gates.



La storia. Era nella raccolta dei Doria di Genova. Passa agli eredi, i Doria d’Angri, che a Napoli vendono tutto nel 1940: pure il palazzo dove si era affacciato Garibaldi nel 1860, e che oggi è sede universitaria. La acquista il nobile genovese Giovanni Nicolò De Ferrari (omonimo di Raffaele, il mecenate). E da lì, sparisce. Due marescialli del Comando carabinieri Tutela culturale, Salvatore Morando e Sebastiano Antoci, l’hanno ritrovata in un caveau al Porto Franco di Ginevra, dopo infinite e incredibili peripezie: trent’anni d’indagini e due di una caccia serrata. Era passata per la Svizzera e per la Germania, era andata a New York, e infine era stata venduta nel lontano (ma ricco) Giappone.



Dal 1992, ne era proprietario il Tokyo Fuji Art museum, sorto nel 1983, pieno di capolavori acquistati sul mercato. L’ha restituita gratuitamente all’Italia, in cambio della certezza di ospitare, e organizzare anche altrove, lunghe mostre di questo affascinante oggetto del mistero. Ma le curiosità non si fermano qui: il museo nipponico è della setta buddista Soko Gokkai, di cui sono adepti anche il celebre ex calciatore Roberto Baggio e l’attrice Sabina Guzzanti.



Il recupero è frutto di lunghe indagini, coordinate dal procuratore aggiunto di Roma Giancarlo Capaldo e dal suo sostituto Patrizia Ciccarese, a volte pure rocambolesche. E la mostra è organizzata da Louis Godart, consigliere per la Conservazione del Patrimonio artistico del Quirinale. Il catalogo (Gangemi) è curato da Luciana Del Buono e c’è anche un libro dello stesso Godart, edito da Mondadori: La Tavola Doria, sulle tracce di Leonardo e della Battaglia di Anghiari attraverso uno straordinario ritrovamento (170 pag, 17 euro). Perché la simultaneità è straordinaria: si sono conclusi da poco, a Firenze e tra le polemiche, i vani tentativi di Maurizio Seracini (sponsor National Geographic) per ritrovare i presunti residui del dipinto di Leonardo sotto un’altra battaglia, quella di Scannagallo dipinta da Giorgio Vasari tra il 1555 e il ’72, ed ecco che rispunta la misteriosa Tavola.



Il valore. Un inventario dei Doria la accreditava nel 1617 a Leonardo, con un valore smisurato: 300 scudi genovesi quando, nello stesso elenco, un Tiziano ne valeva 60 e un altro 20, 30 un Tintoretto, 20 un Veronese. A fine Cinquecento, ne realizza un’incisione Lorenzo Zacchia, e vi scrive: «Tavola dipinta dalla mano di Leonardo». Poi, diventa una copia. È venduta all’asta D’Angri nel 1940: un memorabile funzionario, Bruno Molajoli, aveva vincolato 21 suoi quadri. Anche il Giovanni Carlo Doria a cavallo, di Pieter Paul Rubens: lo vorrà Hitler a Linz, lo recupererà dopo la guerra Rodolfo Siviero, ora è a Genova, a Palazzo Spinola. Anche la Tavola torna in Liguria, è esposta una sola volta, come copia: nel 1940 a Milano, a una mostra di Leonardo. Ma subito scompare. Per anni, soltanto buio fitto. Le indagini iniziano già nel 1982; ma a lungo, restano senza esito.



Le indagini. Si saprà poi che, a New York e nel massimo riserbo, hanno tentato di venderla anche i Wildenstein, tra il 1974 e il 1987: lì, probabilmente, la vede Federico Zeri, che poi, richiesto di un’expertise, la rifiuta. La studia anche un altro esperto tedesco nel 1989, ma rifiuta di dire dove: è pericoloso, spiega, il quadro è della mafia giapponese. La vera caccia al dipinto comincia nel 2009, quando i medesimi carabinieri che hanno già riportato in Italia importanti capolavori d’archeologia scavati di frodo e finiti ai più grandi musei del mondo, vengono a sapere che è in vendita.



Cederla è difficile: l’acquirente non potrebbe mostrarla a nessuno né prestarla ai musei, senza rischiare il sequestro e il processo. Così, un giapponese contatta il ministero, tentando di cederlo all’Italia, coinvolge perfino alcuni funzionari, che la vedono già in Svizzera. Dove appunto la Tavola era stata portata, forse nella speranza di poterla vendere al nostro Paese, l’unico acquirente possibile. Ma nel 2009, i carabinieri della Tutela scoprono che il quadro è stato nascosto al Porto Franco di Ginevra, vasto come 22 campi di calcio. La Svizzera collabora: al rischio di una confisca, chi lo detiene preferisce un accordo gratuito.



I misteri. Le prime analisi sottolineano varie singolarità, compresi i fili di canapa per «legare» il colore alla tavola, come usava Leonardo. Sotto il dipinto c’è un disegno, con tanti pentimenti. Vi sono numerose figure non finite. Ma soltanto ora, con la Tavola a disposizione degli studiosi e tante indagini diagnostiche già eseguite anche dall’Opificio delle Pietre dure a Firenze, potrà cominciare il vero dibattito sulla natura di questo dipinto. Che non si sa neppure come sia giunto da Firenze a Genova. C’è chi pensa perfino che Leonardo l’avesse con sé in Francia. E Pompeo Leoni, cui vanno molti suoi disegni, l’abbia donato ai Doria: ne avevano salvato il padre dalla condanna alle galere. Ma, originale o copia, il dipinto è davvero importante e averlo riportato a casa, un grande successo, enorme merito. Il presidente della Repubblica l’ha capito subito e, nel massimo segreto, si è organizzata la mostra. Gli occhi di chi ama l’arte possono bearsi un po’ di più.
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