Il Getty Museum restituisce la tomba di Ascoli Satriano: il ritorno dell'arte perduta

Il Getty Museum restituisce la tomba di Ascoli Satriano: il ritorno dell'arte perduta
di Fabio Isman
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Sabato 17 Novembre 2012, 14:28 - Ultimo aggiornamento: 18 Novembre, 17:27
Il Getty Museum di Malibu ha restituito all’Italia altri 150 frammenti marmorei del IV sec. a.C. che facevano parte della tomba di Ascoli Satriano dove stato scavato di frodo nel 1978 il Trapezophoros:

oggetto unico al mondo, con due grifoni che sbranano una cerva, ritornato nel 2007.



I frammenti sono al Museo nazionale romano: li studieranno Angelo Bottini (ex soprintendente a Roma), Piero Guzzo (che lo era a Pompei), e Stefano Gasparri, docente alla Sapienza di Roma. Per la restituzione, oltre un anno di trattative della direzione generale dell’archeologia del ministero, in particolare di Jeannette Papadopoulos. Ma il primo a dare l’allarme era stato proprio il museo della California: una revisione aveva fatto scoprire nei suoi magazzini i frammenti. Il direttore generale Luigi Malnati dice: «Ora, da Ascoli saranno trasportati a Roma i sette vasi di marmo pieni usati da elementi di architettura, mai visto prima qualcosa di simile, che erano con il sostegno di tavola dei grifoni e con il Podanipter, bacino marmoreo per lavare i piedi, dipinto con Il trasporto delle armi di Achille: una pittura che anticipa la pratica di due secoli».



Perché pezzi e frammenti vanno studiati insieme: dai primi esami, pare che qualcuno di questi collimi con qualcuno di quelli; li integri; si attacchino. E allora, anche questa restituzione complica il giallo del furto dal sottosuolo, e del commercio clandestino. Perché il Getty compera i due oggetti, e un bellissimo Apollo con un grifone del I sec. d.C. scavato vicino, da Maurice Tempelsman: un miliardario, ramo diamanti, che è stato, tra l’altro, l’ultimo compagno di Jaqueline vedova Kennedy e vedova Onassis.



UNA SOLA CONDANNA

Paolo Giorgio Ferri, il giudice che con due marescialli dei carabinieri della Tutela culturale ha risolto il caso, lo ha da sempre creduto un prestanome del museo. Vende nel 1985, per decine di milioni di dollari; ma ancora comperava e collezionava. In quell’anno un rapporto del museo, nascosto ai giudici italiani, racconta già la storia. Arthur Houghton, allora curator delle antichità al Getty scrive: «Ho parlato con chi ha comperato i reperti da chi li ha scavati; si chiama Giacomo Medici». Medici è l’unico pesce grosso ormai condannato: a otto anni dalla Cassazione. E’ agli arresti domiciliari nella sua villa a Santa Marinella. Houghton scrive: li vende ai due massimi commercianti al mondo di antichità anche di frodo, Robin Symes e Robert Hecht, processato e prosciolto (decorrenza dei termini) a Roma.



Nel 1995, quando nel caveau di Medici al Porto Franco di Ginevra si scoprono le migliaia di suoi oggetti e foto, i carabinieri e gli archeologi Daniela Rizzo e Maurizio Pellegrini vi riconoscono il Trapezophoros in frantumi, appena scavato di frodo. L’indagine porta a Savino Berardi, che stava per morire e lo sapeva. Questi ammette; e rivela che, appena eseguito lo scavo, la Guardia di Finanza gli aveva sequestrato «altri marmi». I vasi pieni e due mensole marmoree: anche loro, senza precedenti. Se n’era perduta la memoria: con una caccia al tesoro, i marescialli li ritrovano; li studia Bottini; ora, a Ascoli Satriano, sono in un nuovo museo. Ma se il Getty acquista come tre monadi gli oggetti, e né Medici, né il rapporto interno del museo nel 1985 parlano dei frammenti, come mai il Getty sa ora che provengono da quel luogo, e quindi li restituisce?



Il giallo, anziché risolversi, s’infittisce. Il museo ha comperato un’intera tomba nel 1985, e ne era al corrente? Quanto ancora nasconde sulla reale provenienza di quegli oggetti e di questi frammenti? Non sono domande oziose. Chi sia il principe locale, così illuminato da importare i manufatti dalla Grecia (marmo pario; e nel Sud Italia non c’erano maestranze di tale livello) non lo sapremo mai, per la strage di informazioni che i tombaroli sempre compiono, riducendo i reperti a puri soprammobili muti. Più che i frammenti, capaci di integrare qualcuno dei suoi tesori, sull’identità di questo principe potrebbero forse spiegare qualcosa proprio le notizie sul rinvenimento e sul passato dei reperti. Ma Berardi è morto; Medici non parla; e il Getty Museum, anche quando restuituisce, continua a tacere. È un altro delitto.
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