Trovato il collirio descritto da Plinio il Vecchio in "Naturalis"

Trovato il collirio descritto da Plinio il Vecchio in "Naturalis"
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Domenica 3 Febbraio 2013, 12:04 - Ultimo aggiornamento: 6 Febbraio, 18:44
FIRENZE - Nella sua opera Naturalis Historia, Plinio il Vecchio descriveva come preparare alcuni medicamenti per la cura degli occhi.

Ora uno studio condotto dai ricercatori della Sovrintendenza per i beni archeologici della Toscana e delle Università di Pisa e Firenze, pubblicato sulla rivista americana «Proceedings of the National Academy» (Pnas), ha rivelato la composizione di quei medicamenti, oltre a preziose informazioni sulle pratiche mediche di 2000 anni fa.



In un relitto dell'epoca romana, chiamato Pozzino, poggiato sui fondali al largo della costa toscana e portato alla luce negli anni '90, sono state trovate le compresse di cui parlava lo scrittore latino, di colore grigio e dalla forma piatta e circolare con un diametro di quattro centimetri, usate probabilmente come impacco. Gli esiti della ricerca sono riferiti con un articolo sul nuovo numero dell'Almanacco della Scienza on line del Cnr.



«Le pasticche erano impilate all'interno di un contenitore cilindrico di stagno sigillato, che ha resistito a ogni contaminazione», ha spiegato Erika Ribechini, dell'Università di Pisa, coordinatrice del gruppo di lavoro. Una volta aperto, un po' come un moderno tubetto di compresse, è bastato prelevare un grammo di materiale per studiare nel dettaglio i componenti. «Grazie a tecniche di analisi come la spettroscopia a raggi X e a infrarossi, la gascromatografia e la spettrometria di massa», prosegue la ricercatrice toscana, «abbiamo scoperto che le pasticche sono composte all'80% da carbonati di zinco, che probabilmente costituivano il principio attivo, e da eccipienti come la resina di pino che, oltre a prevenire l'ossidazione di altri componenti come gli oli, poteva conferire al preparato un odore gradevole».



Lo zinco «ha notevoli proprietà antibatteriche, batteriostatiche e probabilmente anche antivirali e ancora oggi è usato in dermatologia, nelle creme contro l'arrossamento della pelle e in oftalmologia» continua la Ribechini. «È quindi probabile che le pasticche venissero usate per applicazioni esterne sugli occhi. Del resto il termine collirio viene dal greco kollura che significa "piccoli panetti rotondi", la stessa forma dei reperti trovati sul relitto.



Si tratterebbe quindi di un rimedio molto conosciuto nell'antichità, che la nave trasportava verso le coste toscane al tempo dominate dagli Etruschi». Le sei compresse erano vicino ad altre attrezzature mediche, come piccole fiale in legno di bosso, una pietra per mortaio e una coppa di rame usata per i salassi. Questi oggetti, spiegano gli esperti, probabilmente erano contenuti in una scatola di legno e suggeriscono che un medico stesse viaggiando via mare con la sua valigetta di strumenti e medicinali.



Il relitto nel quale sono state scoperte le pasticche, datato fra il 140 e il 130 a.C., appartiene a una piccola nave di circa 15-18 metri, larga circa 3, di cui si è conservata solo la parte centrale. Il carico, tra cui vasi di Pergamo, anfore di Rodi per il trasporto del vino, lampade di Efeso, brocche chiamate oinochoe, suggerisce che la nave provenisse dalle coste greche.
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