Jane Austen e Ragione e sentimento,
quell'oscura Lady del desiderio

Un olio su tela di Magritte dal titolo La grande guerra
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Domenica 7 Marzo 2010, 18:25 - Ultimo aggiornamento: 5 Aprile, 22:37
ROMA (7 marzo) - L’EINAUDI propone una nuova edizione, tradotta da Luca Lamberti, di “Ragione e sentimento”(410 pagine, 11 euro), il romanzo d’esordio di Jane Austen, iniziato nel 1795 ma apparso soltanto nel 1811, con un’introduzione di Roberto Bertinetti di cui proponiamo uno stralcio. Il volume, pubblicato in forma anonima, narra la storia di due sorelle, Elinor e Marianne, costrette a confrontarsi con difficili situazioni economiche e sentimentali e disegna il ritratto di una provincia britannica convenzionale e pettegola, con regole che le protagoniste dovranno contrastare prima di raggiungere l’auspicato lieto fine.



di Roberto Bertinetti

«Una ragazza non bella, molto cerimoniosa, dai modi affettati, poco femminile, assai somigliante al fratello Henry», la giudica in una lettera del 1788 la cugina Philadelphia Walter. «E’ la signorina più carina e più sciocca in cerca di marito che io abbia conosciuto», afferma qualche anno dopo un’amica di famiglia. «Una persona sempre gentile, capace di ispirare simpatia, divertente», secondo il nipote James Edward Austen-Leigh che nel 1870 ne riassunse la vita in una biografia piena di pruderie vittoriana. “La femmina più ignorante e peggio informata che mai abbia osato scrivere”, si definisce lei stessa nel 1815 replicando a una richiesta del bibliotecario del principe Reggente, il futuro Giorgio IV.



Chi sia stata davvero Jane Austen, e persino quale aspetto fisico abbia avuto, è purtroppo impossibile stabilirlo con certezza. Perché la sorella Cassandra, alla quale si deve l’unico ritratto di lei di cui disponiamo (in seguito fatto ritoccare dai parenti per ingentilire la posa rigida e i tratti un po’ aspri del volto), gettò nel camino in tarda età gran parte della corrispondenza di Jane in suo possesso. La censura esercitata da Cassandra, che si preoccupava per l’intrusiva curiosità dei lettori, impedisce di conoscere i dettagli dell’esistenza di Jane Austen. Nessuna rivelazione davvero significativa viene poi dal testo del nipote, che loda l’ottimo carattere della “cara zia Jane”, racconta insignificanti aneddoti domestici e arriva a concludere: “mi sarebbe davvero impossibile nominare un altro autore importante la cui oscurità sul piano personale sia più completa”.



Tutto, comunque, lascia intendere che le preoccupazioni di Cassandra e dei suoi molti discendenti fossero infondate: nulla permette di supporre che un giorno qualche documento sfuggito a Cassandra possa svelare a sorpresa imbarazzanti segreti. Centinaia di studiosi hanno frugato con pazienza in ogni archivio senza ottenere alcun risultato. Da dove, allora, nasce una reticenza che oggi viene ritenuta inspiegabile? La risposta è semplice: aveva origine dalle idee e dalle convenzioni dell’epoca. Una famiglia rispettata e rispettabile come gli Austen non voleva essere oggetto di curiosità, ancora più sgradita se riguardava una signora. Nel periodo che abbraccia la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento, poi, solo poche donne pubblicavano libri anche se erano grandi consumatrici di letteratura, in particolare dei romanzi appartenenti al genere definito “sentimentale”, corrispettivo neoclassico del “rosa” di matrice novecentesca.



In compenso spesso scrivevano per privato diletto e per quello della famiglia, alla quale leggevano le loro opere. Proprio come fece Jane Austen, che esordì tra le mura domestiche appena dodicenne con un breve romanzo epistolare e a lungo conservò questa abitudine, proponendo nei lunghi dopocena ai genitori, ai fratelli e alla sorella ogni storia da lei composta. Per vedere a stampa Ragione e sentimento occorre attendere il 1811 e va ricordato che fu scelta la forma anonima: a firmare i mille esemplari dell’edizione Egerton è una ignota “Lady”, come spesso accadeva allora. Gli Austen erano colti e benestanti, la madre di Jane era nipote di un preside del Balliol College di Oxford e nella medesima università aveva studiato il padre. A garantirne il reddito furono i legami familiari: la signora Austen disponeva di una rendita annuale concessale dal fratello, mentre fu un parente di George Austen a assegnargli la parrocchia di Steventon, nell’Hampshire, dove Jane nacque il 16 dicembre 1775.



Oltre a svolgere le funzioni sacerdotali, il reverendo Austen e insieme alla moglie gestiva in casa una scuola per i ragazzi della contea che gli assicurava ulteriori entrate per un totale di seicento sterline, una somma che non consentiva sprechi ma garantiva tranquillità alla coppia e ai loro otto figli. La biblioteca domestica era ben fornita: circa cinquecento testi tra saggi, raccolte di poesie e romanzi. La piccola Jane fu una lettrice appassionata della narrativa sentimentale: proprio le convenzioni di questo genere diventano il bersaglio delle satire giovanili, storie che, secondo Virginia Woolf, «ci trasmettono l’immagine di una ragazzina che, dal suo angolo, ride del mondo»(…). Non bisogna mai chiedersi, mentre si legge Ragione e sentimento, se Jane Austen parteggia per Elinor o per Marianne Dashwood.



Perché l’autrice preferisce osservare i piccoli universi domestici da lei ritratti, sottolineandone le ipocrisie e le incongruenze senza esprimere preferenze in merito alle scelte delle due sorelle. In questa commedia quasi tutti commettono errori, spinti dall’esigenza di mantenersi fedeli alle regole sociali del periodo oppure dalla mancanza di equilibrio interiore. Jane Austen scruta mantenendosi a distanza e costruisce un racconto sempre in perfetto equilibrio, ideato allo scopo di dar conto delle spiacevoli disavventure in cui possono incorrere signorine imprudenti o troppo controllate, dell’avido egoismo di molti uomini, delle trappole che a volte si nascondono in normali occasioni mondane: un ballo, una cena, una partita a carte. Vale anche per Ragione e sentimento la definizione utilizzata per il successivo Mansfield Park da Vladimir Nabokov: «L’opera di una donna matura e, insieme, il gioco di una bimba».



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