GLI SCATTI
Ecco allora il profilo ossuto della poetessa russa Anna Achmatova ritratta da Moisei Nappelbaum, quella donna che affascinò anche Modigliani. Non le chiese mai di posare per lui ma eseguì a memoria sedici ritratti e glieli spedì in Russia; la posa dandy di un Apollinaire fotografato da Pablo Picasso a Parigi nel 1910, seduto su una poltrona arabescata con accanto un’antica scultura africana in legno; gli occhi “invadenti” dell’americano Paul Auster, l’autore della Trilogia di New York, immortalato nell’attimo da Bruce Davidson; il celebre ritratto di Simone De Beauvoir opera di Henri Cartier-Bresson che fotografa anche un Beckett dal viso simile a quello beccuto e arcigno di un’aquila imperiale. Si cita Creatura di sabbia ed ecco il marocchino Tahar Ben Jelloun ritratto seduto su un grande telo adagiato su una duna da Bruno Barbey; Ferdinando Scianna “fulmina” il profilo di Jorge Luis Borges su una terrazza di Palermo e annota: «Lui sembra bere quella fragranza dell’aria, dice di sentire che il cielo deve essere azzurrissimo, si volge verso il sole la cui luce ignora, ma di cui sente il calore e comincia a declamare “Dolce color d’oriental zaffiro... Dante, Purgatorio, Canto primo” precisa con un sorriso timido».
LE AMBIENTAZIONI
E ancora un Italo Calvino di Gianni Giansanti che riflette la sua immagine specchiata in una sfera di cristallo; Truman Capote narciso nudo e sognante nello scatto di Richard Avedon; Marguerite Duras “scovata” dal tocco romantico di Robert Doisneau davanti al tavolo di un bistrot parigino nel ’55; l’inquietante maschera di James Ellroy, il padre di L.A. Confidential illuminato da Bruce Gilden grazie ad una lampadina lattea; un radioso Sergej Esenin, cantore della rivoluzione bolscevica che suona una fisarmonica povera pochi anni prima di togliersi la vita nel 1925. Fino a John Fante, Francis Scott Fitzgerald, un solitario Jonathan Franzen tra un telefono nero, un ombrello appeso al muro e una lampada da terra; Garcia Lorca vestito a festa da David Seymour; Allen Ginsberg nudo nella posizione buddista della abhaya mudra immortalato da Richard Avedon; Graham Greene, Ernest Hemingway cacciatore sorridente per l’obiettivo del grande amico Robert Capa; Primo Levi, Curzio Malaparte per Doisneau, Pasolini che gioca a pallone in un campetto di borgata “inseguito” dallo scatto di Federico Garolla; Marcel Proust e il suo ultimo ritratto sul letto di morte, “omaggiato” da Man Ray. E il Nick Hornby di John Angerson, testa rasata e abbigliamento dark, che sembra attendere l’entrata in campo del suo amato Arsenal. Una lunga sequenza di immagini che emana profumo di carta appena sfogliata. E ci sono ancora altri mondi da scoprire, altri “contatti”. Perché, come scrisse Doisneau «le migliori fotografie sono quelle che faresti non appena finito il rullino».
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