Chinaglia, una vita esagerata: le imprese e gli eccessi nella biografia di Recanatesi

Chinaglia, una vita esagerata: le imprese e gli eccessi nella biografia di Recanatesi
di Vincenzo Cerracchio
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Lunedì 18 Febbraio 2013, 16:51 - Ultimo aggiornamento: 23 Ottobre, 15:04

ROMA - I tifosi della Lazio, specie quelli sopra i 50, hanno sempre avuto la sensazione di conoscere Giorgio Chinaglia nel profondo. Perché c’è una corposa bibliografia sulla supersquadra di Lenzini e Maestrelli, sull’impresa del primo scudetto biancoceleste, su quanto accadeva dentro e fuori dal campo, comprese le fughe notturne dai ritiri, le botte in allenamento a Tor di Quinto, gli scherzi continui, le pistolettate a bersagli improvvisati. Un’epopea. Che per fortuna si può rivivere anche attraverso i filmati dell’epoca, le memorabili partite, le interviste, i commenti.

Poi Giorgio, smessi gli scarpini, è stato un personaggio dei nostri giorni: presidente squattrinato, improvvisato commentatore, improvvido scalatore.

Ne ha combinate, ne ha pagate. Franco Recanatesi è un collega che ha vissuto Chinaglia come nessun altro. Con il cuore. Giusto che fosse lui a cimentarsi, con il piglio del cronista e il tratto da romanziere, nel racconto della sua vita, qualcosa di più di una semplice biografia. Ha scavato, ha scoperto, ha confrontato. Ha ascoltato le testimonianze dei familiari. E, raccontandolo, ne ha spiegato ogni minimo dettaglio del carattere. Perfino ogni pensiero.

E se la parte centrale della sua vita di calciatore sarà nota a coloro che Giorgio hanno prima o poi conosciuto da vicino, poco o nulla perfino gli amici più cari conoscevano del difficile principio e della fine prematura. Il Chinaglia bambino che affronta con la sorella più piccola il complicato viaggio fino a Cardiff molto spiega del suo carattere orgoglioso, battagliero, indomabile.

Che lo ha fatto sempre andare contro corrente: italiano in Galles, inglese al ritorno, emigrato in America, americano a Roma. E niente ha a che vedere rispetto ai bambocci di oggi la cocciuta ricerca del successo di quel ragazzo passato per fallimenti e delusioni cocenti prima di consacrarsi il campione che è stato: la ruvidezza che diventa leggiadria nelle mani sapienti del maestro. In questo libro si diventa inevitabilmente compagni di viaggio di un personaggio speciale. Passo passo si riesce a comprenderlo, perfino a giustificarlo in certi suoi eccessi. In quella voglia prepotente e impossibile di riscoprirsi vincitore al cospetto del grande amore bianco e celeste. Lo si accompagna, tra gol, amori e peccati, nella sua vita esagerata: proprio come recita il sottotitolo.

Fino alla disillusione, agli sbagli, alla complicata vicenda privata. Alla morte prematura. Che sorprende tutti meno lui. Lui che la fine se la sentiva incombente, per il diabete implacabile, il cuore ferito, fuggito ormai al controllo. Giorgio ha firmato la sua ultima maglia prima di addormentarsi, forse ha visto l’alba, forse ha capito che oltre non sarebbe andato. Ci si commuove a pensare a un Rodomonte che si arrende sfinito solo alla morte. Perché prima, Chinaglia, non lo aveva mai fatto. Meglio, non aveva mai pensato di doversi consegnare, impotente, al destino.

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