Don Federico, il prete dj che fa cantare tutto il quartiere

Don Federico, il parroco pop che tiene alto il morale di San Liborio
di Alessio Vallerga
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Sabato 21 Marzo 2020, 10:44
Sotto la tonaca batte un cuore da deejay. O più semplicemente un pastore di anime moderno, che al tempo del Coronavirus non si vergogna di prendere in una mano il microfono, il Tricolore nell'altra e lanciare oltre all'inno di Mameli anche i classici della musica italiana allo scopo di tenere serrate le fila del quartiere. Il sacerdote a trazione musicale di chiama don Federico Boccacci ed è assegnato alla parrocchia di San Liborio. Un quartiere popolare, dove c'è bisogno di aggregazione e solidarietà. Così, don Federico adempie alla missione a modo suo. Con una risposta sorprendente, visto il seguito che giorno dopo giorno si è costruito fra i fedeli. E a renderlo famoso sono stati proprio loro, entusiasti del modo in cui interagisce. Giovane e lucido nell'interpretare il compito di pastore, non si nasconde: gira video mentre svolge le faccende di casa di sagrestia, nello specifico cercando di industriarsi affinché non manchi mai l'istituzione religiosa come punto di riferimento. Ecco l'idea: se i fedeli non possono entrare in chiesa, sarà la chiesa a diffondere il messaggi, via altoparlante.
«Ho provato ad allinearmi con i flashmob delle 18 racconta don Federico, montaltese di nascita e a Civitavecchia ormai da 13 anni e all'inizio ho solo mandato qualcosa da dentro il container adibito a chiesa (nell'attesa che terminino i lavori per l'edificio vero e proprio, ndc). Poi il giorno dopo ho pensato che potevo usare l'impianto audio e allora ho messo fuori le casse e sparato l'inno nazionale. È bello vedere che si affacciano, è un modo per restare vicini senza esserlo fisicamente». Però il parroco è tricolore anche nella scelta musicale: «Per forza, con una piccola preferenza per Gianni Morandi». Senza però rinunciare all'ironia: «Ho provato ad esorcizzare il momento con Alberto Sordi e la sua celeberrima Te c'hanno mai mannato».
Se da cosa nasce cosa, allora perché non comunicare anche fuori dello spazio pomeridiano? «C'è bisogno di tenere serrate le fila, di sapere che la Chiesa è presente sempre, anche se interdetta temporaneamente. Allora ho deciso che ci si può affacciare anche in altri momenti della giornata. Per esempio alle 12, dopo il suono delle campane, approfitto per impartire la benedizione del pranzo. Oppure alle 19 con l'ostensione. Un sermone vero e proprio è riservato alla liturgia. Sono solo spunti di riflessione». Ma come un vive un parroco senza fedeli e con la messa a porte chiuse? «Una realtà diversa, forse più intima e più vicina al Signore. Per la verità solo non sto mai, visto che ricevo messaggi e telefonate continui. Come non si ferma l'attività della Caritas, che pensa alle famiglie bisognose recapitando la spesa e i medicinali. Il catechismo pure va avanti, con le lezioni di dottrina che le catechiste hanno organizzato attraverso i video o le messaggerie istantanee. La messa c'è sempre ma senza lo streaming. La mia è una scelta precisa: questa fase transitoria può essere utile a sentire meglio quello che Dio ci vuole comunicare. Poi esco fuori, prendo il microfono e annuncio il suo messaggio a tutti» la conclusione di don Federico Boccacci.
 
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