Ultime dal cielo
di Enzo Vitale

Su Marte c'è un orto made in Italy, la simulazione dello sbarco nel deserto dell'Oman

3 Minuti di Lettura
Giovedì 15 Febbraio 2018, 22:41 - Ultimo aggiornamento: 23:47


Nome in codice: Amadee-18. Luogo della missione: il deserto dell'Oman). Partecipanti: cinque ricercatori che  fino al 28 di questo mese simuleranno la permanenza sul Pianeta Rosso.
Nel deserto della Penisola arabica, infatti, verranno condotti 15 esperimenti con l'obiettivo di testare strumenti e procedure per future esplorazioni spaziali. Marte in primis.
La squadra dei cinque impavidi è composta da Stefan Dobrovolny (Austria), Carmen Köhler (Germania), Kartik Kumar (Paesi Bassi), João Lousada (Portogallo) e Iñigo Muñoz (Spagna), mentre l'esperimento è coordinato dall’Austrian Space Forum.

L'APPORTO ITALIANO
Anche se nell'equipaggio non ci sono italiani, il nostro Paese è attiva con una serie di progetti di primo livello. Tanto per cominciare l'orto ipertecnologico che fornirà gli alimenti è targato Enea, Agenzia Spaziale Italiana e Università degli Studi di Milano. E stato chiamato «HortExtreme» e, probabilmente, si capisce il perchè.  Ma non finisce qui perchè la tecnologia italica è presente con con V(r)itago, della Mars Planet italiana, un tool di realtà virtuale per l’addestramento degli astronauti; con il Field Spectrometry, sviluppato con l’Inaf Iaps di Roma per misure di riflettanza e spettri di radianza in un ambiente analogo a quello di Marte. E infine ScanMars, un progetto di collaborazione tra il Dipartimento di fisica e geologia dell’università di Perugia e l’Inaf Iaps di Roma.  Si tratta di un'indagine geofisica eseguita con lo strumento “Ground Penetrating Radar” (GPR) realizzato dal Dipartimento perugino. Il macchinario permette di ottenere delle vere proprie immagini del sottosuolo tramite la ricetramissione di onde elettromagnetiche nel terreno. Gli Astronauti “analoghi” in Oman verranno così guidati nell'acquisizione di dati che permetteranno di osservare strutture geologiche originate dell'azione dell'acqua in zone aride, analogamente a quanto viene studiato per le missioni su Marte.


L'ORTO ITALIANO
Durante la fase di isolamento nel deserto arabico, gli "astronauti" seguiranno un regime alimentare composto prevalentemente da cibo in scatola, che potranno integrare con le microverdure coltivate nell'ambito dell'esperimento. «Gli esperimenti sull’orto made in Italy -spiegano dall'Enea- serviranno non solo a verificare la fattibilità dell’impianto, ma anche a comprenderne i consumi energetici, a prevederne la produttività e a selezionare delle varietà di piante che possano adeguarsi alle condizioni ambientali sia di luoghi estremi terrestri, come l’Antartide, che di pianeti lontani, come Marte. Con l’installazione di quattro comparti dedicati alla germinazione e alla crescita, i ricercatori hanno completato il sistema verticale multilivello di coltivazione idroponica “fuori suolo”, il cosiddetto orto “marziano” di 4 m2 composto da 4 specie di microverdure “rosse” - amaranto, cavolo cappuccio, senape e ravanello -  accuratamente selezionate tra quelle con ciclo di coltura di 15 giorni. Grazie a luci a led, atmosfera controllata e riciclo dell’acqua, le microverdure senza pesticidi né agrofarmaci, garantiranno un corretto apporto nutrizionale e un’alimentazione di alta qualità ai membri dell’equipaggio».


COME E' FATTO
«Si tratta di  una tenda gonfiabile composta da 8 tubolari di circa 35 cm di diametro e da una trave centrale -spiega Francesco cavaliere dell'Università di MIlano-. L’assemblaggio dei moduli è stato eseguito con tecniche in grado di evitare esplosioni dovute all'aumento della pressione a causa dell’irraggiamento solare. Abbiamo installato, inoltre, un telo che consente un flusso di aria costante, 6 stabilizzatori che rendono la tenda rigida e resistente ai venti forti e 8 finestre che permettono sia l’entrata dei cavi che l’uscita dei sensori per acquisire i vari parametri dell’esperimento».
© RIPRODUZIONE RISERVATA