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di Enzo Vitale

Fusione nucleare, come utilizzare l'energia di una stella: l'Italia ci prova, ma servono altri 25 anni

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Sabato 24 Giugno 2017, 23:18 - Ultimo aggiornamento: 27 Giugno, 01:01
Alcuni  anni fa, mi pare fosse il 2008, mi trovavo a Bosa, in Sardegna e, segno del destino, capitai lì proprio nello stesso giorno in cui Remo Ruffini, fisico teorico di lungo corso (ha insegnato a "La Sapienza" dal 1978 al 2012 ndr), avrebbe tenuto un interessante incontro dal titolo Ray Bursts, I fulmini cosmici gamma. Ma il tema di cui voglio parlare non è questo.

Ascoltai l'esposizione fino alla fine e, una volta terminata la conferenza, avvicinai lo scienziato per una cosa che da tempo cercavo di capire. La domanda mi uscì di getto e, probabilmente, c'erano tutti i presupposti per mandare all'aria le intenzioni gastronomiche del prof che, insieme ad altri, si stava recando di buon passo al ristorante: «Ma insomma prof -chiesi speranzoso e deciso-, ma a quando la fusione nucleare? Quando pensa sarà possibile ottenere energia pulita da reattori del genere?».

(Il professor Remo Ruffini, fisico teorico e attuale presidente di IcraNet)

Credo non sarebbe bastata una buona oretta per parlare di ciò, ma Ruffini, con il suo savoir-faire tutto francese (pur essendo italiano è nato Briga Marittima, una cittadina ceduta dall'Italia alla Francia nel 1947), si tolse dall'impaccio con una risposta ben tarata: «Guardi, rivediamoci a Roma, in facoltà, così ne possiamo parlare più diffusamente. L'argomento è troppo complicato. Però una prima risposta già gliela posso dare. Credo saremo pronti tra una cinquantina di anni, nel 2050 molto probabilmente. Arrivederci allora, mi chiami eh...».
Non lo richiamai più, anche se poi l'ho incontrato in diverse occasioni (la più interessante fu a Roma quando ci fu addirittura un collegamento in diretta con Stephen Hawking), in quell'occasione sarda avevo già capito che in quelle due parole c'era tutto. Non serviva dire di più. L'argomento si era esaurito lì.

GLI ESPERIMENTI ATTUALI: IL DDT
Sono passati, da allora, quasi 10 anni e ancora oggi quella domanda torna a far capolino. Certo, la tecnologia è andata avanti, ma l'obiettivo della fusione nucleare, le reazioni che avvengono nel nostro Sole e in tutte le stelle, appare ancora realtà lontana.
Però una flebile lucina pare si intraveda dagli studi e, soprattutto, da un esperimento tutto made in Italy. E' infatti atteso per ottobre il via libera ufficiale per la realizzazione del cosiddetto Ddt (Divertor Test Tokamak), un reattore sperimentale italiano per la fusione nucleare, una complicatissima macchina in attesa di un finanziamento di 500 milioni di euro. Roba grossa quindi.

IL SUMMIT A FRASCATI
Alcuni giorni fa, presso i Laboratori di Frascati dell'Enea, si è tenuto un summit scientifico del consorzio europeo per lo sviluppo della fusione nucleare, l'Eurofusion. Si attende solo l'ok per la costruzione del reattore. Data probabile il 2018 e poi una serie di esperimenti con una durata di almeno 8 anni. «Produrre energia pulita -ha detto nell'occasione Federico Testa, presidente dell'Enea-, rinnovabile, sicura, economicamente competitiva, inesauribile e in grado di sostituire i combustibili fossili: è la grande sfida della ricerca sulla fusione nucleare che oggi vede impegnati i migliori laboratori di tutto il mondo».
Al contrario di Ruffini, il presidente Testa, non si è sbilanciato e non ha indicato una data.
Prendendo in prestito un po' di sana ironia va detto che i due progetti fino ad ora in essere, Iter e Ignitor, non hanno dato grandi risultati: le macchine hanno lavorato in perdita visto che ambedue sono ancora nella fase progettuale.
In ogni caso il 2050 dovrebbe essere la data top. In attesa di quell'anno la speranza è che non si esauriscono le fonti primaria di energia...Ma questa e tutta un'altra storia.


(Il Ddt, Divertor Test Tokamak, il reattore che diovvrebbe essere realizzato in Italia)


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