Paolo Ricci Bitti
Rugby Side
di Paolo Ricci Bitti

«L'amore è più forte della morte», il messaggio di speranza di Barraud, ferito dai terroristi a Parigi

Aristide Barraud (dal suo account Facebook)
di Paolo Ricci Bitti
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Venerdì 18 Dicembre 2015, 01:50 - Ultimo aggiornamento: 5 Marzo, 17:16

«L’amore è più forte della morte. Pace a tutti».

Pace a tutti? Amore? Costerà almeno un po’ di dolore scrivere quella frase quando sei vivo per miracolo, anzi, quando  è viva per miracolo anche tua sorella con la quale stavi entrando in ristorante di Parigi e un terrorista jihadista vi ha ferito gravemente a colpi di kalashnikov?  Di più: una volta ringraziato il Cielo di non essere morto, di non essere morti, costerà almeno un po’ di furore scrivere quella frase se le pallottole ti hanno perforato un polmone e un caviglia, compromettendo seriamente la tua carriera di giovane giocatore di rubgy che stava per approdare in nazionale, come avevi sempre sognato? E con tua sorella che per chissà quanto tempo dovrà lottare per recuperare l’uso di quel braccio spappolato dai proiettili?

No, forse solo un po’ di dolore, ma certo nessun furore per Aristide Barraud. E’ francese di Parigi, ha 26 anni e, fino al 13 ottobre, ha giocato mediano di apertura al Mogliano di Galon e “Kino” Properzi in Eccellenza, la massima serie italiana. Seconda stagione, ottimo rendimento in entrambe, del resto come nella prima a Piacenza e, prima ancora, a 17 anni, nel gruppo dello Stade Francais di Sergio Parisse e dei fratelli Bergamasco.

Quella notte terribile del 13 ottobre stava entrando con la sorella minore al ristorante Piccola Cambogia, spazzato dalle raffiche di mitra dei terroristi. Lui e la sorella devono la vita al Destino e al fatto che lì a due passi ci sia l’ospedale Saint Luis e i suoi specialisti. Il dottor Serge Simon non lavora invece in quell’ospedale, ma vi si è precipitato perché aveva visto quello che era accaduto dalla finestra della casa di un amico proprio sopra al ristorante cambogiano. Di sicuro c’era bisogno di medici e l’ex pilone dello Stade Francais e della nazionale bleu, già presidente del sindacato Provale dei giocatori, fra i personaggi più conosciuti anche della tv e della radio di Francia, si è messo immediatamente a disposizione dei colleghi trovandosi poco dopo al capezzale di Aristide, come ricorda lo stesso mediano di apertura.

In fondo all’articolo – potete anche saltarci subito -  trovate il messaggio che il giocatore ha affidato al suo account Facebook una volta dichiarato fuori pericolo. Non sarebbe male stamparlo e incorniciarlo, comunque infilarselo nel portafogli e rileggerselo ogni tanto. E forse non è neppure una sorpresa che Aristide abbia scritto quello che ha scritto.

Fin dal suo arrivo in Italia era emersa la caratura del ragazzo e della sua formazione culturale, non più scontata nei giovani che sono nati dentro il rugby professionistico e che di esso vivono o tentano di vivere scalando, se ne hanno le capacità e la tenacia, le categorie. Nel giugno 2016 Barraud completerà l’iter per l’equiparazione e potrà essere convocato nella nazionale azzurra: di numeri 10 non ce ne sono mai abbastanza. Quindi un giocatore pro’ a tutti gli effetti.

Eppure nella loro folle casualità, i terroristi jihadisti hanno colpito proprio un giovane parigino che dopo la strage a Charlie Hebdo dell’11 settembre 2014 non si era rintanato dietro al silenzio o alle frasi di circostanza.
Ci aveva messo la faccia, pubblicamente, e anche in quel caso per offrire una testimonianza a sostegno di chi, pur di fronte al sangue, punta a unire invece che a dividere, punta a seminare speranza invece che odio. Non erano parole vuote e Aristide le ha ripetute anche quando il sangue versato è stato il suo e di sua sorella. Merita una grande festa quando tornerà in Italia questo ragazzo cresciuto nella banlieue da dove provengono anche molti dei terroristi.

 Adolescente cresciuto in una famiglia in cui si legge Charlie Hebdo e, fino a 10 anni, in un quartiere come Châtenay-Malabry, operai, soprattutto, di tutte le origini. Scenari difficili che gli sono dentro tuttora e che l’hanno spinto a studiare alla Sorbona prima Storia e quindi Tecnica del cinema, con una passione dichiarata per il neorealismo italiano. Oltre a infilare con grande precisione i pali degli avversari del Mogliano, Barraud sta realizzando un documentario sugli operai della Renault durante la seconda guerra mondiale, fra i quali c’è anche la nonna.

“Sono orgoglioso di essere “banlieusard”, aveva  detto a Mattia Toffoletto nell’intervista per la Tribuna di Treviso dopo l’eccidio a Charlie Hebdo, una bella intervista da cui vengono le frasi che seguono:
“Tre milioni di persone hanno marciato per le strade di Parigi dopo l’attacco e hanno fatto molto bene: è stata la migliore risposta possibile. I giornalisti e i vignettisti uccisi sono un esempio di umorismo intelligente: la missione è sempre stata denunciare, facendo ridere. I giornalisti sono un simbolo importante in Francia: è stato un attacco alla libertà. Un amico italiano mi ha parlato di “seconda rivoluzione francese”. Gli eccidi sono stati un attacco al popolo di Parigi. E il popolo ha dimostrato di essere unito e di non avere paura. La strada ha un significato importante nella tradizione francese: se vai in strada, vuol dire che hai qualcosa da dire. E tre milioni in tutta la Francia hanno detto che vogliono reagire, senza cadere nella trappola della violenza e dell'intolleranza. Ma la marcia è stata anche la prova che Parigi è il mondo, una terra di emigrazione e accoglienza. Un melting pot che può vivere felicemente insieme. Sono molto orgoglioso di come ha risposto il mio popolo. La sfida dei prossimi mesi sarà ritrovare la fiducia”.

“Sono orgoglioso di essere “banlieusard”. Ho amici di tutti continenti, mangio halal con i musulmani e kosher con gli ebrei. La banlieue arricchisce, ti fa capire che tutti i popoli possono vivere insieme. Ma ci sono anche i problemi. Ho vissuto fino a 10 anni a Châtenay-Malabry: zona operaia e difficile, criminalità e droga. Ci siamo trasferiti così a Massy, una decina di chilometri dalla capitale. Ospita la scuola di rugby più importante del Nord della Francia. La palla ovale è un cemento sociale, gli allenatori sono educatori: si insegnano i valori del rispetto e della tolleranza, tenendo i ragazzi lontani dalla strada e dalle cattive frequentazioni».


L’AMORE E’ PIU’ FORTE DELLA MORTE
Sono tornato a casa da due settimane. Giorno dopo giorno sto riprendendo il controllo della mia vita. Ho scoperto tutti i vostri messaggi di sostegno e d'amicizia. Vi devo la mia guarigione veloce, il vostro sostegno mi ha portato molto fin dal primo giorno.
Non sento né rabbia né collera, sola una tristezza infinita per tutte le persone morte intorno a me, e altrove in Parigi.
Il mio recupero sta andando bene. Secondo i dottori, devo la mia vita alla mia forza mentale e alla mia condizione fisica. Secondo me, la devo alla forza di mia sorella e dei miei amici per tenermi sveglio, al lavoro fantastico dei chirurghi e alla presenza miracolosa di Serge Simon (ex pilone dello Stade Francais, e dottore, presente nell’edifico sopra al ristorante dove mi trovavo.. Non potrò mai ringraziarli abbastanza.
Sono grato verso il destino di averci evitato una tragedia insondabile. In questi momenti terribili, ho avuto pensieri molto forti verso le mie scelte di vita, i miei amici italiani, le mie famiglie italiane di Piacenza e Mogliano. La mia gioventù a Massy, il rugby club Massy, il mio periodo parigino, i miei studi alla Sorbonne, tutte le persone che contano. Tutto e diventato ancora piu importante. Ho voluto vivere per stare con voi.
La strada e ancora lunga, però tra qualche mese sarò sul campo al 100%  delle mie capacità fisiche. Nel frattempo ci sono ancora tante prove,ma  sono pronto,  tornero più forte.
Sono felice di essere vivo. Amo Parigi più che mai.
L'amore è più forte della morte. Pace a tutti.

Aristide

twitter: @paoloriccibitti
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