Almeno tre catene di sale cinematografiche americane hanno annunciato che cancelleranno i programmi della serata e dedicheranno i loro maxischermi in surround sound a trasmettere la chiusura delle presidenziali e la conta dei voti.
L’ingresso sarò gratuito (solo una catena farà pagare una piccola cifra per prenotare il posto), tanto il vero bottino verrà dalla vendita di pop-corn e alcolici. Due cocktail sono stati inventati per l’occasione, e giocano sull’atmosfera politica: il Canadian Passport, in onore di coloro che promettono di emigrare in Canada se vincerà Trump, e il Political Punsch, il cui liquore svedese “punsch” suona come “punch”, “cazzotto.
Proprio per la presenza di alcol, i cinema prevedono una presenza di guardie di sicurezza maggiore del solito. La campagna infatti ha avuto momenti violenti, e non si può escludere che ci siano fenomeni di intemperanza. Per difendersene però i proprietari delle catene Amc, Regal Cinemas e Alamo Drafthouse hanno deciso di dividere le sale a seconda delle posizioni politiche degli spettatori: “sale blu” dove si riuniranno i democratici, e “sale rosse” per i repubblicani. Hanno fatto così anche durante i tre dibattiti fra Hillary Clinton e Donald Trump, seguiti anch’essi su molti schermi cinematografici in tutto il Paese.
E’ tradizione negli Usa riunirsi per seguire i risultati: ma finora si andava a un pub, a un bar, si beveva una birra, si mangiava un hamburger e si aspettavano i risultati in tv. L’idea di dedicare intere sale cinematografiche a questi appuntamenti politici è proprio una conseguenza della spettacolarità della campagna campagna presidenziale 2016. C’è sicuramente una parte del Paese che non la segue più. E una parte che è sempre e comunque disinteressata alla politica. Ma coloro che la stanno seguendo, lo fanno con una passione rara.
L’unico problema che le sale potrebbero avere è la possibilità che i risultati siano tanto serrati, che non si saprà nulla fino a notte fonda, e magari neanche allora, e il pubblico resti deluso: “Per legge a una certa ora dovremo chiudere” ammette al New York Times il responsabile delle attività sociali della catena Alamo Drafthouse.
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