Scrivo questo blog nella speranza che tanti genitori lo leggano, per evitare che altre piccole vite vengano stroncate, che non ci siano altre Brianne.
I genitori di Emmett, Michael e Karla Rauch hanno scoperto ben presto quanto poco il mondo sapesse dei rischi che le piccole lucide pile a bottone possono rappresentare per i bambini. E proprio per evitare che altre famiglie debbano soffrire quel che hanno sofferto loro, hanno creato una fondazione che collabora con la Consumer Product Safety Commission del governo federale per insegnare come evitare simili crisi.
Se avete un bambino e non ci pensate due volte a dargli in mano le chiavi dell’auto con il comando a distanza, non fatelo più. Se gli lasciate in mano il telecomando della tv o altri comandi, ma anche minicalcolatori, candele decorative elettriche, insomma qualsiasi apparecchio azionato da queste batterie, almeno assicuratevi che lo scomparto che le contiene sia fermamente sigillato, possibilmente con del nastro adesivo di tipo industriale. Ma sarebbe meglio tenere tutti questi aggeggi lontano dalla bocca di un bambino, e assicurarsi che le pile sfuse siano tenute sotto chiave.
La tragedia per i coniugi Rauch cominciò poco dopo il primo compleanno di Emmett: «Cominciò a tossire, e il pediatra ci disse che probabilmente era un raffreddore». Dopo due giorni però, il bambino non riusciva a mangiare e cominciò a sputare sangue. Da qui la corsa di Michael e Karla all’emergency room dell’ospedale pediatrico di Phoenix (Arizona), e la radiografia che doveva cambiare il loro mondo: una batteria a bottone era incassata nell’esofago del bambino.
Emmett oggi respira, mangia e parla normalmente. E l’anno scorso i medici gli hanno permesso di entrare nella squadra di calcio del suo asilo. Ma per quattro anni è passato di ospedale in ospedale, fra terapia intensiva, sale operatorie, trapianti. E durante quei quattro anni di angoscia continua i Rauch hanno capito che avevano un dovere morale e umano e hanno cercato di fare del loro meglio per aiutare tutti gli altri genitori, diffondendo sul sito della loro fondazione le informazioni sui rischi delle batterie a bottone. Nella loro scrivania conservano lettere di ringraziamento di famiglie di ogni angolo del mondo, dall’India all’Argentina: «Siamo grati che questa esperienza abbia avuto come ricaduta anche qualcosa di positivo – dice Karla Rauch -: ha contribuito e contribuirà a salvare la vita di altri bambini».
Brianna non ce l'ha fatta. I genitori non sanno neanche come e dove abbia trovato la batteria che l'ha uccisa. Per questo: fate attenzione, sempre e ovunque. Leggete quel che suggerisce il sito federale, e se non parlate inglese, l'Ospedale Niguarda ha una spiegazione succinta e chiara qui.
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