Contro "La Casta"

Contro "La Casta"
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Martedì 3 Luglio 2007, 17:10 - Ultimo aggiornamento: 7 Marzo, 18:45
di Costanzo Costantini ROMA (19 giugno) - Non ho mai avuto simpatia per i pentiti, ma ora posso considerarmi uno di loro. Mi son pentito di aver speso diciotto euro per acquistare La Casta, il noto libro di Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella pubblicato da Rizzoli. Con quel denaro avrei potuto comprare nove copie di Trentatrè nomi di dio della Yourcenar e farne dono agli amici e alle amiche. Le informazioni interessanti che La Casta contiene, come le spese del Quirinale, le prebende dei parlamentari, i rimborsi elettorali, le avevo apprese dai giornali o dalla televisione. Per il resto la lettura è stata faticosa e inutile. E' un libro qualunquista, un'accozzaglia di pettegolezzi, uno zibaldone di malignità, una ripetizione di cose risapute, molte delle quali attinte da altri libri, a tratti anche volgare, come nel caso in cui i due autori riportano frammenti del linguaggio della signora Fini, già strombazzati dai giornali. E' inoltre un libro prolisso e noioso, che si dilunga nel raccontodelle gesta di personaggi provinciali che non interessano a nessuno. Ma perché ha tanto successo? Perché è stato lanciato in maniera spettacolare da un giornale monumentale come il "Corriere della Sera". Nel numero del 20 maggio scorso il quotidiano milanese pubblicava in prima pagina un editoriale di Sergio Romano in cui il famoso giornalista scriveva che il libro stava rapidamente assumendo, per il numero di copie vendute, "le proporzioni di un caso sociale". I libri di Moccia avrebbero surclassato in tal senso qualsiasi altro libro. Mai dal dopoguerra ad oggi un libro ha assunto "le proporzioni di un caso sociale", né potrà assumerle La Casta, neppure dopo il lancio clamorosamente insolito del "Corriere della Sera", per il semplice fatto che non è un saggio di dottrina sociale, né di filosofia politica, né uno di quei libri profondi che scuotono la coscienza collettiva, ma se mai un pamphlet, neppure tanto divertente come sono per solito i pamphlets. Checché se ne dica, il lancio della Casta da parte del "Corriere della Sera" non può non essere visto che come un gesto politico, con il quale è stata riproposta la crisi ricorrente dei partiti, alimentando a dismisura la nuova nevrosi collettiva dell'antipolitica, ossia di un nuovo qualunquismo. Il titolo del "Corriere della Sera" del 20 maggio diceva, a caratteri cubitali: "Rischiamo di essere travolti come la prima repubblica". Ma la società italiana della prima repubblica era di gran lunga più allegra della società attuale.