Giornata della Memoria, lo storico Sandro Gerbi: «La mia famiglia salvata da un banchiere abruzzese»

Il papà viaggiò su un transatlantico verso il Perù. A bordo c’era anche l’attore Aldo Fabrizi. Lo scrittore milanese è sposato con la teramana Margherita Dezi e insieme tornano spesso a Torano Nuovo

Sandro Gerbi con la moglie Margherita Dezi
di Agostina Delli Compagni
3 Minuti di Lettura
Giovedì 25 Gennaio 2024, 08:41 - Ultimo aggiornamento: 31 Gennaio, 09:23

Nella Giornata della memoria, il 27 gennaio, ricorrenza internazionale per ricordare le vittime dell’Olocausto, Sandro Gerbi, 80 anni, giornalista, scrittore e storico contemporaneo, racconta quanto sia stato decisivo, per la salvezza della sua famiglia di origine ebraica, il trasferimento nel 1938 in Perù del papà Antonello, responsabile dell’Ufficio studi della Banca Commerciale Italiana, a opera del suo amico vastese Raffaele Mattioli, amministratore delegato della banca. Gerbi jr è particolarmente legato all’Abruzzo grazie alla moglie Margherita Dezi, nata e vissuta sino alla laurea a Torano Nuovo, in provincia di Teramo, prima di trasferirsi a Milano e lì sposarsi nel 1983.

Con l'approvazione della legge per “la difesa della razza nella scuola fascista”, dal 16 ottobre 1938, insegnanti e studenti ebrei vengono espulsi dalle scuole di ogni ordine e grado. «Mattioli - racconta Gerbi - riceve una richiesta: c’è un'opportunità di lavoro a Lima, in Perù. Informa subito mio padre, il quale, compreso quanto scava accadendo, si prepara per la partenza. Va a Genova e si imbarca sul Rex, transatlantico di lusso e biglietto di prima classe, alla volta di New York. A bordo c’era anche l’attore Aldo Fabrizi. Con un altro piroscafo, arriva in Perù nel novembre del 1938, senza immaginare che il suo si sarebbe trasformato in un provvidenziale “esilio” di dieci anni: il 10 giugno 1940 l’Italia entrava infatti nella Seconda guerra mondiale. In quello stesso anno sposa mia madre, Herma Schimmerling, ebrea viennese, da cui avrà due figli: Daniele nel 1941 e poi il sottoscritto nel 1943. La stessa sorte toccò ai nostri parenti più stretti. Mio padre aveva due fratelli: Giuliano, giornalista, e Claudio, medico. Entrambi vanno a vivere negli Stati Uniti. Anche mio nonno si trasferisce a Lima nel 1940, mentre i cugini di mio padre, Paolo e Piero Treves, si dirigono a Londra.

In sostanza tutti sono stati perseguitati, nonostante il loro flebile ebraismo».

Nel suo libro “Ebrei riluttanti” (Hoepli), Sandro Gerbi spiega che l’atmosfera a casa sua era decisamente laica. «Mio fratello maggiore e io - si legge nel libro - non abbiamo ricevuto alcuna educazione religiosa. Certo, eravamo al corrente della nostra origine, ma ce ne curavamo poco, da agnostici pervicaci quali eravamo tutti in famiglia. Noi Gerbi eravamo al di sotto del minimo sindacale. Non celebravamo né il digiuno annuale (Kippùr) né la Pasqua ebraica (Pesach), quando si commemora la liberazione del “popolo eletto” dalla schiavitù in Egitto». Nel suo libro Gerbi, infatti, affronta il tema dell’abbandono della fede e della Comunità ebraica. Un abbandono non traumatico e senza alcuna nostalgia, ma anche senza alcun rifiuto della propria ascendenza.

IL LEGAME CON TERAMO

Oltre alla naturale gratitudine per il vastese Mattioli, Sandro Gerbi è legato all’Abruzzo grazie alla moglie Margherita. «Mia moglie - conclude Gerbi - è nata ed ha studiato a Torano Nuovo fino alle medie. A Teramo ha frequentato l’Istituto Magistrale e a L’Aquila ha conseguito la laurea in Magistero. Nel 1979 è venuta a Milano, al seguito di un’amica milanese che villeggiava in Abruzzo, e ha lavorato per una decina d’anni come insegnante elementare. Trascorriamo sempre le feste a Torano, dove abbiamo casa, e, durante i mesi estivi, andiamo al mare a Tortoreto. Ci siamo sposati nel 1983 e abbiamo due figli: Martina, nata nel 1984 (ballerina classica) e Antonello nel 1988 (matematico). Di Teramo mi piacciono il Corso, il Duomo, la biblioteca M. Delfico e il paesaggio circostante, oltre che naturalmente gli abitanti, molto cordiali. Apprezzo molto anche la cucina teramana, di cui mia moglie è eccellente interprete: tanto che a Milano i nostri amici ne decantano la bravura come cuoca».

© RIPRODUZIONE RISERVATA