Paola Fargion: «Cerco storie di ebrei salvati dai campi di concentramento»

La scrittrice sarà a Teramo domani, 27 gennaio, alla Camera di Commercio per la Giornata della Memoria

Paola Fargion: «Cerco storie di ebrei salvati dai campi di concentramento»
di Maurizio Di Biagio
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Venerdì 26 Gennaio 2024, 07:22 - Ultimo aggiornamento: 27 Gennaio, 12:13

«Come Simon Wiesenthal andava a caccia di nazisti per farli sottoporre a processo, io invece cerco gli ebrei che testimonino al contrario le gesta nobili di coloro che hanno salvato tante vite nei campi di concentramento». La scrittrice Paola Fargion spiega come sia arrivata al nome del podestà teramano Umberto Adamoli, nominato “Giusto tra le nazioni” il 7 dicembre scorso, un riconoscimento che va indicare quei non-ebrei che hanno agito in modo eroico a rischio della propria vita per salvare anche un solo ebreo dal genocidio nazista della Shoah. Dal 1962 è anche un'onorificenza ufficiale conferita dall'Yad Vashem, ovvero l'Ente nazionale per la Memoria della Shoah dello Stato di Israele.

Con la sua indagine, svolta assieme al marito Meir Polacco, che è durata anni, tra gli Usa, la Francia e altrove per scovare i parenti prossimi degli ebrei, Fargion ha accertato che il podestà, dal 1939 a Teramo, aveva salvato dalla deportazione «almeno una ventina di persone, ma il numero è superiore perché dovrei fare ricerca in territori come l’ex Jugoslavia dove però è molto difficile reperire testimonianze». Come lui ce ne sono altri di Giusti, spiega Fargion: «Sono 120 i casi che stiamo seguendo, molti sono vicende strazianti: me l’immagino come una fila fuori casa mia che, con la mia ricerca, di giorno in giorno si assottiglia». Ma come si è arrivati a lui? La 67enne scrittrice ebrea racconta che nel 2018, all’interno del progetto “Il ricordo e la vita” e della pubblicazione del libro “Il vescovo degli ebrei”, «attraverso una mia ricerca su internet sono giunta ad alcuni ebrei (basta la testimonianza di uno per aprire la pratica di Giusto tra le nazioni), come Licia Canarutto che ha fatto il suo nome». Si è rivolta anche agli Usa «dove risiedono alcuni discendenti di persone salvate e che avevano firmato un documento di ringraziamento». In questa lettera c’era scritto: »Ci avete avvisati tempestivamente del pericolo»; Adamoli dava pure il nome delle famiglie dove rifugiarsi e con abili “stratagemmi” riusciva a far dare la doppia razione di cibo agli internati. «Ma so pure che ci sono triestini che hanno raccontato di essere stati a casa sua - aggiunge - come qualcuno della famiglia Morpurgo, quelli della ditta Stock di Trieste. Insomma, da una mia curiosità è partita una valanga di testimonianze, passando per la Francia e per la famiglia Godelli che poi si è spostata a Sud e in Israele». La donna dice di ringraziare il clero: «Ha fatto cose immense, suore coraggiose che tra l’altro, oltre a partecipare alle ricerche, si stringono in preghiera per me». Fargion, che sarà presente a Teramo domani, 27 gennaio, alla Camera di Commercio, chiude sull’inevitabile antisemitismo di oggi: «Purtroppo si ripete nei millenni quello che chiamo piuttosto odio verso gli Ebrei che non ha nulla a che fare col razzismo, non è nemmeno assimilabile al genocidio, ma serba qualcosa di eterno.

Ancora oggi temo che mi ritrovi con una svastica dipinta alla porta, in Italia razzismo e leggi razziali non sono stati superati del tutto».

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