Erano stati nominati per dare voti e, alla fine, sono stati loro stessi “bocciati”: il tribunale amministrativo regionale ha infatti accolto il ricorso di una studentessa di Sulmona, in provincia dell'Aquila, obbligando il Miur a correggere il voto che le era stato assegnato nell’ esame di Stato tenuto la scorsa estate. I professori, o meglio i commissari d’ esame, avevano fatto male i calcoli che, per un liceo scientifico, quello dove la ragazza si è diplomata, non è proprio il massimo. Fatto è che la ragazza, Flavia, 18 anni, quando lo scorso 5 luglio ha visto i quadri è rimasta di sasso: lei che aveva avuto una carriera scolastica costellata di dieci e qualche nove, si è vista licenziare dalla sua scuola, lo sperimentale quadriennale dello scientifico Fermi, con un punteggio di 98, anziché il 100 con lode che si aspettava.
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LA DELUSIONE Una delusione che non le ha solo rovinato l’estate e l’umore, ma che le ha impedito anche di accedere alle tariffe di iscrizione agevolate che l’università prevede per gli studenti diplomati a pieni voti. Quanto basta, comunque, per non far cadere la cosa, tanto più che il padre della studentessa è un avvocato che l’ingiustizia non l’ha fatta proprio passare. Ora, dopo aver ottenuto dal tribunale amministrativo regionale l’accoglimento del ricorso con la revisione del voto a 100 e il pagamento delle spese legali a carico del Miur, la sua battaglia continua. «Citerò il Miur per danni chiedendo un risarcimento di 200mila euro – annuncia Giovanni Autiero, legale e padre di Flavia – e a Natale regalerò alla scuola un pallottoliere, così riusciranno a fare meglio i conti».
Per Flavia che aveva sperato ed era anzi sicura di ottenere la lode è stato un colpo duro, trasformatosi in rabbia una volta fatto l’accesso agli atti e aver scoperto che il massimo dei voti le era dovuto, oltre che guadagnato. Dal canto loro i commissari e la scuola hanno ammesso l’errore, ma questo non ha consentito, finora, di cambiare le carte in tavolo e il verbale di esame che, ora, è stato annullato dai giudici del tribunale. La ragazza, nel frattempo, si è iscritta alla facoltà di Farmacia all’università di Chieti «pagando la quota di iscrizione integralmente» sottolinea la famiglia, ma è chiaro che a bruciare è soprattutto l’ingiustizia subita e quel diploma appeso in camera che, seppur corretto, non avrà mai la lode che sognava.