Sulmona, massacra di botte un ragazzino per una sigaretta negata: bullo condannato a 2 anni

Sulmona, massacra di botte un ragazzino per una sigaretta negata: bullo condannato a 2 anni
di Patrizio Iavarone
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Sabato 10 Giugno 2017, 13:00 - Ultimo aggiornamento: 18:51
Condannato a due anni di reclusione, anziché agli otto mesi proposti dall’accusa. Nessuno sconto, dunque, ma una condanna netta per quell’atto di bullismo che non era il primo e che era stato mosso da motivi del tutto futili: il rifiuto ad offrire una sigaretta. Così Mirko F., ventidue anni di Sulmona, è stato condannato dal tribunale di Sulmona per lesioni aggravate, aggravate dalla crudeltà e dai futili motivi.

Quel giorno, il 21 settembre scorso, il giovane, con numerosi precedenti di polizia, sferrò due pugni in pieno volto ad un ragazzo minorenne che stava fumando nei giardinetti del parcheggio di Santa Chiara. Una ferocia inaudita contro un ragazzino che, semplicemente, non aveva voluto dargli una sigaretta e che per questo era stato costretto poi ad un intervento chirurgico delicatissimo per la frattura della mandibola con una prognosi di cinquanta giorni. «In realtà la vittima fa ancora molta fatica a masticare - spiega l’avvocato della parte offesa, Giovanni Mastrogiovanni - per cui il danno è ancora da quantificare con precisione». Di tempo per verificare il decorso delle lesioni ce n’è, perché il giudice ha condannato Mirko anche al risarcimento danni (oltre al pagamento delle spese processuali) da definire però in sede civile. Pensare che la vittima, terrorizzata, inizialmente non aveva detto niente: tornata a casa quella sera, si era recata al pronto soccorso solo il giorno successivo per il dolore lancinante.

Mirko, infatti, nel lasciare il minorenne a terra lo aveva anche minacciato di non dire niente a nessuno «altrimenti avrebbe completato l’opera». E il ragazzino ci aveva provato a dire ai medici che era caduto, ma il tipo di lesioni non erano compatibili se non con un violento pugno. Quindi le indagini della polizia che riuscì a far raccontare quanto era accaduto alla vittima e ai due amici che erano con lui e che avevano tentato di difenderlo, poi la denuncia e qualche giorno dopo gli arresti domiciliari disposti in virtù della pericolosità del bullo, della brutalità della sua azione e della futilità dei motivi che lo avevano portato a colpire e che avrebbero potuto spingerlo a reiterare il reato.
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