Il Vangelo spiegato da don Luigi Epicoco come rimedio socio-educativo al disagio giovanile

don Luigi Epicoco
di Sabrina Giangrande
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Sabato 29 Ottobre 2022, 16:06 - Ultimo aggiornamento: 3 Novembre, 11:35

L'AQUILA «Penso fondamentalmente che l'errore che noi facciamo - spiega don Luigi Maria Epicoco- è trattare il Vangelo così come si tratta una qualsiasi materia intellettuale, come se fosse una informazione da poter dare ai ragazzi; l'efficacia del Vangelo ha la stessa funzione educativa: se una persona vuole essere efficace a livello educativo deve perdere del tempo con i ragazzi, stare con loro, condividere con loro, entrare nel loro mondo, stabilire una relazione, ma questo non è solo il problema della chiesa è un problema generale degli adulti, della scuola. Ci accontentiamo di dare ai ragazzi delle nozioni, delle informazioni, delle indicazioni morali, ma quasi mai gli offriamo delle relazioni, offrendo noi stessi». 

E' il 6 gennaio del 2005 quando don Gino viene ordinato presbitero dall'Arcivescovo Giuseppe Molinari per l'Arcidiocesi dell'Aquila, scrittore di libri e articoli filosofici, teologici e spirituali. Dal 2009 al 2021 è stato direttore della residenza universitaria San Carlo Borromeo all'Aquila oltre che parroco della parrocchia universitaria San Giuseppe Artigiano nel periodo 2008-2020, ha quindi vissuto il tragico evento del terremoto, docente stabile all'Issr Fides et ratio, docente incaricato di filosofia presso la Pontificia Università Lateranense. Il 16 giugno del 2021 è nominato da Papa Francesco, assistente ecclesiastico del Dicastero per la comunicazione.

«Personalmente ho sperimentato nella mia vita sacerdotale- racconta don Luigi- l'insegnamento a scuola al liceo Classico Cotugno dell'Aquila nel 2005, sono stati anni bellissimi per me, perché stare con i ragazzi, passarci del tempo, mi ha fatto conoscere un mondo che non avrei mai incontrato in parrocchia e quindi per me è stata una occasione unica e tante volte ho pensato, e questo è l'invito che fa anche Papa Francesco "non dovete aspettare che la pecorella smarrita venga da voi dovete andarla a cercare"».

I ragazzi aquilani nel periodo post-sismico e pandemico hanno vissuto, insieme alle loro famiglie, dei periodi di smarrimento. «Tutti cerchiamo qualcosa che riscaldi il cuore e quando non si riesce a trovare un ideale, un interesse che ci appassioni, si cercano altre cose che riscaldino; l'alcol per riempire un vuoto, la droga e ultimamente L'Aquila è andata sulle cronache per tutto questo, indice di tanta solitudine».

«Sarebbe bello creare nuove situazioni in cui sperimentare uno "stare insieme". L'Aquila potrebbe offrire tanto di questo in termini culturali. Pensiamo alla cultura della musica, dell'arte, dello sport, per quanto tempo all'Aquila il rugby è stato l'alfabeto, sperimentare per tornare a dare dei luoghi di socialità, per salvare dalla solitudine molti adolescenti che poi trovano nei portici il luogo dove consumare quella solitudine e lo sballo diventa una trasgressione autodistruttiva. Abbiamo bisogno di spazi- conclude Epicoco- che possano essere stabili nel tempo e nella quotidianità delle persone».

Sabrina Giangrande
 

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