Il figlio della coppia rapinata: «Assurdo mettersi a cena con l’incubo dei rapinatori»

I coniugi Pieragnoli rimasti ore in balìa dei banditi sotto la minaccia di pistola e coltello

Il figlio della coppia rapinata: «Assurdo mettersi a cena con l’incubo dei rapinatori»
di Alfredo D'Alessandro
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Giovedì 14 Marzo 2024, 11:37

«Io sto a casa, alle otto di sera, e devo mettere l’allarme mentre mangio? Siamo arrivati alla follia». Dice così uno dei figli di Massimo Pieragnoli, l’imprenditore di Fara Filiorum Petri, comune in provincia di Chieti, che con la moglie è stato brutalmente rapinato nella sua villa due notti fa. Marito e moglie, legati mani e piedi, picchiati dai tre rapinatori piombati in casa lunedì sera, minacciati con pistola e coltelli, sono ancora molto scossi: «Fisicamente stanno abbastanza provati però ringraziando Dio stanno già un pochino migliorando» dice ancora il figlio. Sul fronte investigativo i carabinieri non tralasciano alcuna pista e si muovono in un raggio di almeno 15 chilometri alla ricerca di immagini per cercare di individuare l’auto usata dai quattro malviventi.
Le telecamere della villa non erano in funzione, le tracce lasciate in casa sono state cancellate con la candeggina dagli stessi rapinatori prima di fuggire con un bottino di centomila euro. L’unica traccia che hanno lasciato dentro è la terra: significa, come pensano gli investigatori, che sono arrivati da un’area agricola a ridosso della parte posteriore della villa. Oltre alle campagne circostanti, i Carabinieri hanno passato al setaccio alcuni possibili nascondigli ma senza trovare nulla. Senza esito anche il sopralluogo nelle piazzole della strada a scorrimento veloce, la Statale 81, che si ritiene sia stata la via di fuga, dove forse c’era un complice ad attendere il commando.


IL VERTICE
Le modalità violente della rapina destano un particolare allarme. Il prefetto Mario Della Cioppa, segue con attenzione la vicenda: l’obiettivo intanto è accertare se si è trattato di un episodio che, per quanto grave, è circoscritto e specifico. Oppure se ci si trovi di fronte a una recrudescenza di portata più ampia. In questo senso, nel rispetto delle indagini in atto, il prefetto ha chiesto al comandante provinciale dei carabinieri, il colonnello Alceo Greco che sta seguendo personalmente il fatto, di rimettere informazioni puntuali al riguardo, anche estendendole ad altre aree della provincia, in raccordo con la Questura, proprio allo scopo di poter presentare al Prefetto stesso un quadro aggiornato e più completo di tutta la situazione.

Dunque non solo sulla rapina di Fara Filiorum Petri, ma su tutta la situazione relativa ad altre aree della provincia per una valutazione più complessiva. All’esito delle analisi delle informazioni che verranno rimesse sarà valutata l’eventualità di riunire il Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica.


LE VOCI
In paese la notizia della rapina ha lasciato il segno, e rappresenta una sorta di spartiacque fra un prima e un dopo. Il sindaco, Camillo D’Onofrio: «Da sindaco sono mortificato perché la nostra comunità fino a 20 anni fa dormiva serenamente con la chiave sulla toppa della porta - commenta il primo cittadino - c’era una sorta di vigilanza svolta dal vicino, dal dirimpettaio. Ciò che sta succedendo è in linea probabilmente con ciò che accade in tutti i paesi d’Italia e d’Europa. Sono preoccupato perché, nonostante non avrò parole sufficienti per ringraziare il prezioso, encomiabile lavoro che svolgono sia i carabinieri, anche forestali, presenti sul territorio, purtroppo non si riesce ad arginare un fenomeno che ormai sta prendendo piede. La cosa che mi preoccupa è che non valgono neanche i sistemi di allarme, di recinzione, ad arginare la malavita. Esprimo la vicinanza sincera alla famiglia, perché al di là dell’aspetto formale, in questo caso, ma anche negli altri, sono rammaricato, dispiaciuto che il nostro Paese sia sulla cronaca anche nazionale per fatti di questo genere. Noi siamo abituati ad essere protagonisti per la nostra sobrietà, ospitalità, inclusione che abbiamo nel nostro dna e ci ritroviamo a denunciare fatti di questo genere».

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