Perchè nella Carichieti che da 72 ore è in amministrazione straordinaria per decreto ministeriale su proposta di Banca d’Italia, sono passate decine di assunzioni utili a sistemare «figli di» un po’ ovunque là dove la convenienza politica e consortile lo richiedeva: nelle liste del personale figurano parenti di consiglieri e assessori tra Comune, Provincia e Comuni della provincia. Niente di nuovo: che in via Colonnetta ci fosse una sorta di poltronificio del resto è già nel verbale del 2012 di Banca d’Italia: «Troppe assunzioni a fronte di una debole redditività». Ma anche la distribuzione di incentivi e promozioni ad personam figura rovinosa a posteriori oltre ad alcuni generosi e spericolati affidamenti, alcuni dei quali oggi sono crediti incagliati attesi al varco dal commissario Sora.
L’altro caposaldo della questione della banca di via Colonnetta è la rivelazione sul ruolo di controllore occulto che gli ispettori di via Nazionale riconoscono a Domenico Di Fabrizio, il consigliere comunale dalla lunga storia politica: Dc, An, Udeur, Forza Italia ora gruppo misto in Comune ma anche forti aderenze nel centrosinistra in Regione. Monaco, già assessore in Provincia, quattro mesi fa ha raccolto le firme per Regione Facile e ad autenticarle era stato Gianni Di Labio, (altro consigliere comunale in aria di migrazione a Chieti). Entrambi finirono nella vicenda della firma di un defunto su cui la Procura di Chieti ha aperto un’inchiesta.
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