Bambino dimenticato per otto ore sullo scuolabus a Teramo, i genitori contro l'archiviazione dell'inchiesta

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Bambino dimenticato per otto ore sullo scuolabus, i genitori contro l'archiviazione dell'inchiesta
di Teodora Poeta
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Mercoledì 6 Marzo 2024, 07:40 - Ultimo aggiornamento: 7 Marzo, 10:24

Non ci stanno i genitori del bambino di Campli (Teramo) che lo scorso giugno è stato dimenticato sullo scuolabus per quasi otto ore alla richiesta di archiviazione della procura e attraverso il loro legale, l’avvocato Michele Di Giuseppe, si opporranno per chiedere che le indagini preliminari vadano avanti. Al momento la data dell’udienza davanti al gip non è ancora stata fissata, ma non è escluso che si terrà a breve. Due sono gli indagati identificati dopo l’episodio dagli inquirenti ai quali è stata contestata l’ipotesi di reato di abbandono di minore, sono l’autista dello scuolabus e l’assistente, i quali, invece, secondo i familiari del piccolo, così da querela presentata immediatamente, avrebbero commesso un’omissione di soccorso per non aver chiamato subito il 118 e le lesioni.

Nell’opposizione all’archiviazione depositata dal difensore si punta sulla successiva prognosi del bimbo che in base a una consulenza di parte di un neuropsichiatra infantile è arrivata ad almeno 40 giorni, mentre la procura, in questo caso la pm Francesca Zani, titolare del fascicolo, si sarebbe soffermata sull’iniziale prognosi del pronto soccorso che era di soli 6 giorni.

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Michele (nome di fantasia) l’anno scorso quando a giugno è stato dimenticato nello scuolabus aveva 3 anni.

Quella mattina fortunatamente era una giornata nuvolosa e all’esterno le temperature non erano elevate, ma dopo essere rimasto quasi otto ore chiuso nel pulmino, con la cintura allacciata, la prima cosa che ha fatto è stata quella di chiedere dell’acqua. Il calore interno del mezzo lo aveva disidratato. Era spaventato e i suoi pantaloncini bagnati. Nell’immediatezza dei fatti il solo pensiero di dover tornare all’asilo, per lui, ma anche per i suoi genitori, è stato un tormento. «Per fortuna è andata bene – aveva raccontato la mamma di Michele - Gli errori possono succedere, ma quando ci sono i bambini bisogna fare ancora più attenzione». Oggi, però, lei e suo marito non accettano quella richiesta di archiviazione che per loro significa che potrebbe succedere ad altri bambini ancora. «Non lo vogliamo», dicono. Ed è per questo che tenteranno l’opposizione. A decidere spetterà adesso al giudice. 

Quella mattina il papà di Michele non c’era. Lui è un autotrasportatore ed era fuori per lavoro. Ma appena saputo dell’accaduto, è tornato. Secondo la ricostruzione, solo nel pomeriggio autista e assistente si sono accorti della presenza di Michele nello scuolabus. Alle 16 la mamma ha ricevuto una chiamata con un numero anonimo sul cellulare. Quando ha risposto le hanno detto solo: «È successo un episodio spiacevolissimo a suo figlio, ma non posso dire nulla al telefono». E dopo 18 minuti lo scuolabus è arrivato a casa. Il bimbo era pallido in volto, aveva le occhiaie marcate e sul corpicino i segni della cintura di sicurezza. Al pronto soccorso è stata necessaria una flebo per la reidratazione, ma oltre alle prime cure sanitarie è nei mesi successivi che Michele avrebbe avuto più bisogno di attenzioni per riuscire a riprendersi da quel trauma. Una vicenda che ha fatto molto discutere.

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