Le indagini sono state condotte dalla seconda sezione della Squadra mobile di Chieti. Per gli inquirenti le violenze si sono consumate nel bar dello stadio del baseball, nell’appartamento della madre dell’allenatore (che approfittava dell’assenza della donna), in auto e sul furgone della società dopo gli allenamenti o durante le trasferte. E ancora: negli hotel dove la squadra alloggiava prima di affrontare le gare oppure in palestra. In alcune circostanze - è ricostruito nel capo d’imputazione - gli abusi avvenivano anche di fronte a più minori. In un episodio ha convinto un adolescente «ad accompagnare la squadra in una trasferta a Jesi, dove era in programma un torneo di baseball, benché il bambino non fosse impegnato come atleta». L’adulto ha compiuto «atti sessuali in danno del minore di quattordici anni, all’interno della propria stanza d’albergo, fino a quando questi non decideva di andare a dormire in stanza con gli altri compagni». Ogni occasione era buona per restare da solo con uno dei suoi allievi. I pretesti erano svariati: bere una bibita al bar, giocare insieme, provare «l’impostazione della battuta in una stanza della palestra isolata dal resto della struttura dove erano gli altri compagni di squadra».
Al vaglio degli investigatori ci sono altre due denunce per violenza sessuale, una delle quali presentata ai carabinieri. Credibili clinicamente, cioè attendibili e con la capacità di testimoniare: così la psicologa Gloria Colabufalo ha definito le vittime, mentre la difesa ha contestato i risultati della perizia. L’allenatore, rinchiuso nel carcere di Madonna del Freddo dal 22 marzo del 2017, già nel 2011 era stato arrestato per pedofilia. Ma l’inchiesta era stata archiviata. L’imputato è difeso dall’avvocato Luigi Antonangeli. Le famiglie delle vittime, invece, sono rappresentate dagli avvocati Monica D’Amico, Teresa Laviola, Maria Teresa Pierfelice, Claudia Ottaviano e Vittorio Iovine. Gianluca Lettieri
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