Nascere a Viterbo, quasi un obbligo: rivolta contro l'accorpamento dei punti nascita

Nascere a Viterbo, quasi un obbligo: rivolta contro l'accorpamento dei punti nascita
di Federica Lupino
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Lunedì 16 Febbraio 2015, 06:00 - Ultimo aggiornamento: 10:52
Critiche aperte, come quelle del sindaco di Tarquinia, Mauro Mazzola. Malumori sotterranei, come quelli di parte del personale Asl. E ora anche la politica che alza la voce. Ecco Roberto Talotta, responsabile del settore sanità per la lista civica FondAzione (e del sindacato autonomo Fials), scrivere al commissario della Asl, Luigi Macchitella: «E' l'ennesimo smantellamento dei servizi sanitari locali».

IL PIANO

Il progetto dell'accorpamento tra i punti nascita della città etrusca e quello di Civitavecchia sta insomma sollevando un polverone: entro il 30 giugno nel presidio ospedaliero di Tarquinia resterà l'attività ostetrica come casa di maternità, mentre i parti avverranno al San Paolo. Lo dice il decreto firmato a novembre dal governatore Nicola Zingaretti, secondo il Programma operativo regionale. Ma i tempi potrebbero accorciarsi: il direttore generale della Asl Roma F, Giuseppe Quintavalle, ha chiesto che l'accorpamento avvenga in tempi più brevi per poter assorbire il personale ora impiegato a Tarquinia, per sopperire così alla carenza di camici bianchi a Civitavecchia. Lì il reparto di pediatria da gennaio funziona solo dalle 8 alle 20: significa che mancando l'assistenza ai neonati durante la giornata, molte partorienti emigrano verso Tarquinia per dare alla luce i propri bebè. Un caso eclatante avvenne a fine gennaio quando tre gestanti civitavecchiesi "sfrattarono" i pazienti di ortopedia in lista perché nella struttura etrusca esiste un'unica sala operatoria.

LA POLEMICA

Talotta boccia senza appello l'operazione che, nata per salvare capra e cavoli (a Tarquinia il progetto della casa della maternità e a Civitavecchia il punto nascite), rischia di scontentare un po' tutti. Parte da Viterbo, il politico-sindacalista, per dimostrare che lo stato di salute della rete perinatale locale non è affatto buono: «L'ostetricia di Belcolle, praticamente unico polo dell'Alto Lazio - sottolinea - non garantisce il cosiddetto parto in analgesia, come già avviene in molti ospedali e ha una sala operatoria in fase di realizzazione, nonostante il bisogno di rispondere a situazioni indifferibili».

BELCOLLE

«Dopo la chiusura dell'ostetricia di Civita Castellana - denuncia quindi Talotta - ecco un altro pezzo della Asl di Viterbo che prende nuove direzioni e va ad aumentare le potenzialità sanitarie del territorio romano». La soluzione? «Prima di impiegare risorse economiche in un progetto che fa acqua da tutte le parti, si dia priorità - conclude - al potenziamento dell'ostetricia di Belcolle con un incremento del personale e la messa in funzione della sala operatoria, con parto in analgesia». Per garantire il quale, Macchitella avrebbe l'assegnazione di tre anestesisti.