Come solito di venerdì è affollato di pendolari. Come al solito non brilla per pulizia. Ma ormai è diventata una abitudine anche quella. Tutto tranquillo fino a Terni. Poi, la beffa. Quando i pendolari si apprestavano a scendere. All’uscita dei convogli la sorpresa. Le porte di tre vagoni non ne hanno voluto sapere di aprirsi, malgrado i mille tentativi. Niente. Qualcuno è scatto verso un’altra carrozza, ma nel frattempo il treno è ripartito. Con una trentina di persone rimaste sotto sequestro. Fino a Spoleto, quando sono scesi abbastanza arrabbiati. Ma lì nessuno li ha accolti o confortati. Nulla.
Dal capotreno la preghiera di aspettare la coincidenza per Terni alle 16,56. Nessuna possibilità alternativa. Così tutti di nuovo sul binario con il treno che finalmente si è fermato a Terni alle 17,37. Sono finalmente scesi dopo aver subito una specie di gioco dell’Oca. Ma la cosa che ha fatto più arrabbiare chi è rimasto intrappolato è la mancanza di tatto e di informazioni da parte dei dipendenti delle Ferrovie dello Stato: «L’unica fortuna che abbiamo avuto - racconta un dirigente di un’importante azienda telefonica con sede a Roma - è che c’è stata la coincidenza dopo pochi minuti per Terni, in caso contrario ci avrebbero lasciato lì senza la possibilità di usufruire di mezzi alternativi, visto che la colpa del gravissimo disservizio non era certo la nostra».
Non un caso isolato, pochi giorni fa è accaduto un caso simile, ma nel senso opposto. Per un malore del macchinista il treno intercity non si è fermato a Terni lasciando a piedi un centinaio di pendolari. Ieri mattina l’intercity IC 531 ha ritardato la partenza da Foligno per un problema di chiusura delle porte che ha richiesto l’intervento del capotreno. Stessa cosa poco dopo a Terni. Dura la vita del pendolare.
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