La resurrezione di Telamone

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Mercoledì 24 Luglio 2013, 13:11 - Ultimo aggiornamento: 14:15
Il Telamone si è rialzato. Magari con un tutore ma sta in piedi. Per oltre quarant’anni è rimasto disteso, in attesa di cure, dentro un magazzino del Museo archeologico a Spoleto. Lì era stato ricoverato dopo la casuale scoperta avvenuta a Terni, nel 1971. Furono alcuni operai dell’Enel a riportarlo in luce, è il caso di dirlo con la solita pala meccanica. Dal fango si annunciava il profilo di una statua, divisa in tre frammenti.



Si tratta in realtà di un Telamone, noto elemento architettonico con funzioni di sostegno dalle sembianze di Satiro con tanto di orecchie appuntite e cornetti. La scultura, ora allestita nel chiostro di San Domenico, misura un metro e novanta per un peso di otto quintali. Otto ore di lavoro per la sua collocazione, eseguita dalla ditta Coobec di Spoleto, su disegno dei tecnici della Soprintendenza, in particolare di Spartaco Capannelli con la collaborazione di Luca Bartolini. Eseguite da Roberta Mingione le fasi di restauro volte al riassemblamento dei pezzi e risarcimenti di ammaccature. La scultura, sconosciuta al pubblico, è realizzata in pregiato marmo pentelico, le cui caratteristiche, secondo il soprintendente, proporrebbero una datazione all’età adrianea. Da qui discende la teoria sulla provenienza da Villa Adriana a Tivoli.



La famosa residenza dell’imperatore era infatti impreziosita da strabilianti opere d’arte e lungo il perimetro del Canopo si alternavano copie perfette dei maestri scultori. Il Telamone sarebbe quindi frutto di una pregevole officina, alla quale ricondurre numerose altre sculture della villa. Secondo tale lettura l’opera arrivò a Terni durante l’epoca giustinianea, quando lo spoglio di elementi architettonici conobbe una certa fortuna. E Villa Adriana costituiva indubbiamente un sontuoso giacimento, per di più a self service. Nell’ambito del suo vasto progetto di edilizia civile, l’imperatore bizantino potrebbe aver dunque concepito la ricostruzione della porta romana di Terni, distrutta dai Goti, per collocarvi il Telamone. La cala ta dei Longobardi o una delle frequenti alluvioni del Nera avrebbero poi impedito il compimento del progetto. Una tesi intrigante quella di Mario Pagano, magari non proprio condivisa da tutti, ma un punto lo ha messo sicuramente a segno.



Fu il primo ad intuire un’analoga provenienza adrianea per colonne e capitelli reimpiegati nel Tempietto recanti invocazione all’eroe. E’di questi giorni la scoperta di identiche iscrizioni in alcuni frammenti provenienti dai magazzini di Villa Adriana. Comunque la si pensi, il Telamone che si staglia da un elegante sfondo bordeaux accoglie ora i visitatori del Museo. Gran colpo d’occhio quella fuga prospettica del colonnato che annuncia la scultura. In ogni caso.