Oltre ad Andrea Montrone, titolare del diving Abc Talamone (assistito dall'avvocato Riccardo Lottini) che ha fornito le bombole a Fabio Giaimo, Enrico Cioli e Gianluca Trevani e ai loro compagni di immersione, adesso a difendersi dalle accuse c'è anche il suo collaboratore Maurizio Agnaletti, difeso da Massimiliano Arcioni.
Secondo la procura di Francesco Verusio (il pm titolare delle indagini è Stefano Pizza) Agneletti avrebbe collaborato al riempimento delle 30 bombole sequestrate dalla capitaneria di Porto Santo Stefano e che, dagli esami effettuati oggi a Grosseto, conterrebbero quasi tutte dosi di monossido. Non nella quantità letale (dieci volte superiore al tollerato) che ha ucciso i tre sub di Perugia e Bastia (le cui famiglie sono assistite dagli avvocati Corrado De Fazio e Giovanni Spina), ma abbastanza da procurare alcuni dei malori riscontrati nei compagni di immersione.
E non solo. Perché sembra che un quarto sub, non del gruppo toscano e perugino di cui faceva parte lo stesso Montrone, si sarebbe sentito male dopo aver utilizzato le bombole affittate dal diving di Talamone. L'uomo, un 61enne della zona, avrebbe rischiato di morire come i tre sub di Perugia, ma si è salvato grazie al trattamento con l'ossigeno della barca che gli ha prestato aiuto. L'uomo è stato comunque ricoverato per giorni in camera iperbarica.
Organizzate per i prossimi giorni ulteriori verifiche sui computer da polso dei sub e sui tubi collegati ai due compressori con cui sono state ricaricate le bombole.
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