Usa le intercettazioni per amore, vice questore
nei guai per le telefonate di Covarelli

Leonardo Covarelli, parte civile nel procedimento contro l'ex vice questore
di Egle Priolo
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Giovedì 18 Luglio 2013, 22:37 - Ultimo aggiornamento: 19 Luglio, 16:21
PERUGIA - Mi stanno rovinando, vogliono soldi per farmi lavorare, ti prego indaga. il 2009 e la denuncia la firma Leonardo Covarelli, patron del Perugia con un progetto di cittadella dello sport al Curi appena consegnato.

La denuncia arriva sul tavolo del dirigente della Digos Lorenzo Manso, che gli mette il telefono sotto controllo e poi, secondo un’inchiesta, usa quelle telefonate per raccontare alla moglie di Covarelli le sue scappatelle. Quell’inchiesta vede ora indagato il vice questore: quelle informazioni dovevano restare nel suo ufficio.



L’accusa pesa come un macigno sul curriculum del vice questore Manso, ora trasferito alla questura di Imperia come dirigente del commissariato di Sanremo. Lontano da Perugia (le cronache raccontano dei suoi meriti sul campo sanremese), dal lavoro in via del Tabacchificio e anche dalla donna che gli ha fatto girare la testa. Galeotte, infatti, sarebbero state quelle telefonate: dalla rivelazione e utilizzazione di segreti d’ufficio sarebbe scattato l’amore con la donna che consolava per le leggerezze del marito.



Secondo l’accusa, sostenuta dal pubblico ministero Massimo Casucci (che ha ereditato il fascicolo dal procuratore Federico Centrone), il dirigente della polizia di Stato ha «violato i doveri inerenti alle funzioni rivelando notizia di ufficio coperte dal segreto». «In particolare - si legge nella richiesta di rinvio a giudizio - perché apprese nel corso delle intercettazioni telefoniche disposte per motivi investigativi sulle utenze in uso a Leonardo Covarelli». «Notizie - sottolinea il pm - riguardanti relazioni sentimentali dello stesso con altre donne di cui rivelava esistenza e contenuti» alla moglie dell’ex patron.



Che così perde la famiglia mentre sta già perdendo anche il Perugia, i sogni suoi e di un’intera città. Ma la grande odissea a puntate di Leonardo il perugino, Leonardo il magnifico, Leonardo “tutto a posto”, Leonardo fallito non è ancora finita. Per niente. Perché ora Covarelli, dopo tre anni di espiazione, se non alla resurrezione pensa a togliersi qualche sassolino dagli scarpini. «Sono rimasto a Perugia a pagare - racconta -, non andrò via finché questa storia non sarà finita. Ora che queste cose sono venute fuori è il momento che ognuno si prenda le proprie responsabilità». Poche parole ma affilate, indirizzate per adesso a Manso che dovrà difendersi dalle accuse il prossimo 19 settembre: ieri non si è presentato in aula davanti al giudice Alberto Avenoso. Un problema di salute dovuto a un incidente stradale di qualche tempo fa lo ha infatti tenuto lontano dal tribunale di Perugia, che dovrà giudicare sulle (presunte) irregolarità commesse nel suo ufficio.



Dove Covarelli (costituito parte civile con l’avvocato Giovanni Spina) si presenta nel 2009 per denunciare lo strano allontanamento di alcuni imprenditori, telefonate con richieste azzardate, le premonizione di un’istanza di fallimento che poi ci sarà ma non per quel Lucio Lo Sole che ne aveva acceso la scintilla. Movimenti strani intorno a lui, insomma, preludio della terra bruciata che verrà dopo. A Manso, secondo le denunce presentate, porta le prove e chiede aiuto. Per verificare, il dirigente della Digos gli mette il telefono sotto controllo per sei mesi: le indagini non andrebbero avanti, ma le scappatelle di Leonardo sono tutte lì («Ho sbagliato», dice oggi), pronte da spiattellare alla moglie. Un gol a porta vuota. Ma ora Covarelli si allena per i supplementari.
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