Cioccolato bollente,
la Perugina torni a Perugia

Cioccolato bollente, la Perugina torni a Perugia
di Italo Carmignani
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Mercoledì 2 Settembre 2015, 18:38
PERUGIA - Con spiccato senso della diplomazia, la Nestlé, o chi per lei, definisce in una nota ufficiale “chiacchiere da bar” le agitazioni dei sindacati rispetto al futuro della Perugina.

Che i sindacalisti siano più preoccupati del loro futuro che delle aziende è un sospetto (brutto) diventato ormai virale. In effetti, dai tempi in cui Perugina fu venduta riccamente dal finanziere (buono) De Benedetti a Nestlé dopo la dichiarazione di averla comprata per farne un polo alimentare e non un mero affare, non si sono mai posti il dubbio degli organici, restando spesso ancorati agli anni d’oro, quando l’azienda del cioccolato era paragonata per misura occupazionale solo alle Poste. Talmente presa dai ritmi dei mercati mondiali, Nestlé pare non avere mai dato molto peso alle strategie della fabbrica di San Sisto, considerandola un cameo costoso, ma bellissimo. Salvo poi, come tutte le multinazionali, riuscire, se serve, a smontare le tende in una notte. Nondimeno quindi, l’ultimo allarme dei sindacati, giocato talmente in anticipo come fosse il campionato 2021, coincide con un fondamento molto più serio delle discussioni conviviali. E il lied è scritto nella stessa nota ufficiale, quando Nestlé ricorda a tutti di dover diversificare aumentando la produzione destinata alla grande distribuzione a scapito di quello della pasticceria. Tradotto, più snack e panettoni, meno cioccolatini e pasticcini, che sono esattamente il must di Perugina. Il pericolo quindi fa così: i prodotti su cui si vuole puntare si possono produrre ovunque, da Tirana a Lima, mentre quelli raffinati, quasi artigianali, solo a Perugia San Sisto. Quelli del colosso svizzero sono solo affari, non malvagi disegni per distruggere una fabbrica. Ma qui fanno male. Osservano gli esperti: la Nestlè è leader mondiale delle polveri alimentari (Nesquik, tanto per fare un esempio), ma non nella cioccolateria, di cui non ha la vocazione strategica. Ai vertici elvetici pare sfuggito che Perugina produca una fantastica linea di cioccolatini denominata “I nudi”, totalmente ignorata, forse per pudore, dal suo marketing. Basterebbe poco: a Perugina servirebbe una Nestlè che ritenga utile investire dov’è più forte, dov’è prima al mondo. Servirebbe riportarla davvero a Perugia per darle un futuro. Meno amaro.
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