Calcio violento, arriva la stangata
Arbitri nel mirino: sputi e aggressioni

Calcio violento, arriva la stangata Arbitri nel mirino: sputi e aggressioni
di Luca Benedetti
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Venerdì 19 Settembre 2014, 18:55
PERUGIA - Pronti ciak, si protesta. La stagione del calcio dei dilettanti, quello delle mille partite al mese, inizia contromano. Arbitri nel mirino. E quando si ha il cartellino in tasca e il pallone rotola verso la partita tosta, non si fa eccezione se di nero (o di giallo) si veste anche una ragazza.

Il caso della sfida tra Mantignana e Sigillo con il corollario di insulti, minacce e calcio alla porta dello spogliatoio del fischietto, è soltanto al punta dell’iceberg. E tanto per gradite tra gli attaccanti anti-arbitro anche un tifoso donna. Giusto per rimanere in tema, il Mantignana è stato stangato di mille euro, un dirigente squalificato fino a dicembre e quattro giocatori per quattro giornate. C’è la firma del giudice sportivo del Comitato regionale Umbro della Figc, Marco Brusco, sotto a quel provvedimento. Ma giusto per fare il conto dell’avvio della stagione, ci sono altre multe contro chi voleva l’arbitro come bersaglio. Anche in una gara del campionato juniores. La multa stavolta la becca la Clitunno (300 euro), nonostante i dirigenti abbiamo bloccato chi ha tentato l’aggressione.

Esempi di come va, spesso, la domenica nei campi di calcio. E allora anche per l’Umbria vale l’appello- denuncia di Marcello Nicchi, presidente degli arbitri di calcio (Aia). Ecco le parole che scuotono il mondo del pallone: «Le violenze sugli arbitri nei campi delle giovanili e dilettantistici diventano sempre più numerose. Da sei anni denuncio questa situazione, ora basta. Gli aggressori, i violenti vanno arrestati». Nicchi alza il tiro, il giudice sportivo fa scendere la mannaia sui violenti. Al di là dei fatti specifici che il giudice non può commentare, Marco Brusco, analizza la situazione: «L’Umbria e la violenza nei campi di calcio? Siamo nella media. Purtroppo certi episodi dobbiamo ancora registrarli. Considerate che qui abbiamo una media di quasi mille partite al mese. La nostra è una delle regioni, considerando anche il fatto che siamo piccoli, a più alta densità calcistica d’Italia. È logico che ci battiamo, sia come Federazione che come giudicante, affinché certi episodi non avvengano più». Da diversi anni, ormai, quando si leggono le decisioni del giudice sportivo, vengono sottolineate stangate pesanti contro chi sgarra. Brusco spiega: «Sul calcio violento sono anni, ormai, che non si transige più. È logico che anche sul rispetto del lavoro degli arbitri siamo attentissimi. La cosa più incredibile, che lo scorso anno durante un convegno a Terni mi è stata confermata anche da Paolo Tagliavento, uno degli arbitri più rappresentativi del nostro calcio, è che gli arbitri si trovano più in difficoltà in seconda e in terza categoria che a San Siro davanti a ottantamila tifosi. Può sembrare assurdo, ma è così. È nelle categorie inferiori che si deve lavorare sodo per far passare il messaggio che in campo bisogna essere corretti. Con gli avversari per il gioco duro, che non si deve assolutamente finire nel campo delle discriminazioni razziali, né tantomeno si devono vedere gli arbitri come soggetti su cui sfogare la rabbia per una sconfitta o per una decisione contestata. Onestamente la situazione che mi preoccupa di più, anche perché a volte vado nei campi di periferia a controllare di persona, è quella relativa ai genitori: alla partita dei figli diventano ultrà». Roba da Daspo verrebbe da dire anche se il garbo di Brusco non arriva fino a questo. Però le parole del giudice sportivo sono dure: «Onestamente il problema nei campionati giovanili è il contorno dei genitori che guardano la partita dei figli. I ragazzi in campo sono tendenzialmente molto corretti. Può scapparci il calcione, magari anche la protesta, ma siamo ampiamente al di sotto dei limiti di tolleranza. E devo dire che anche gli allenatori si comportano con correttezza. Tante volte li sento dire ai ragazzi di lasciar correre un errore dell’arbitro. C’è una formazione di base buona. Dalla parte dei genitori, invece, a volte, vedo un altro tipo di atteggiamento. E pensare che in campo scendono arbitri di 16-17 anni, appena più grandi dei loro figli che giocano». Nel solco della tolleranza zero la giustizia sportiva è pronta a colpire, ma se dietro al pallone corresse un po’ di buona educazione, non ci sarebbe neanche bisogno del terzo tempo imposto per circolare.
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