«Ho incastrato io Amanda Knox»
Parla il super testimone: «Condanna giusta»

«Ho incastrato io Amanda Knox» Parla il super testimone: «Condanna giusta»
di Luigi Foglietti
3 Minuti di Lettura
Mercoledì 5 Febbraio 2014, 12:58 - Ultimo aggiornamento: 6 Febbraio, 17:12
PERUGIA - Per me, sentenza giusta. Non ha dubbi Marco Quintavalle, il testimone chiave del processo ad Amanda Knox e Raffaele Sollecito dopo il verdetto che rimanda in carcere i due ormai ex fidanzatini. Accusati di aver ucciso la notte tra il primo ed il 2 novembre 2007 Meredith Kercher, l'inglesina che aveva preso alloggio in via della Pergola. Fu lui a raccontare di aver visto Amanda la mattina del delitto, mentre lei disse di essere a dormire con Sollecito. Ma la pena troppo severa - aggiunge -, perch due giovani come loro hanno diritto ad essere assistiti per avere una possibilit di recupero.



Marco Quintavalle, oggi cinquantacinquenne, testimone chiave al processo Kercher, fece la sua deposizione, ritenuta determinante, sabato 21 marzo del 2009 quando si celebrava il primo grado di giudizio. Poi non è stato più chiamato alla sbarra, sia nel primo appello né ora nel rinvio della Cassazione al secondo svoltosi a Firenze.



Sempre fermo nelle sue convinzioni?

«Se mi chiamassero ancora a testimoniare direi le stesse cose perché quella è la verità. Sono abituato a giudicare una persona per i fatti, quindi se Amanda dice che quella mattina dormiva, invece stava aspettando che aprissi il negozio, dice una bugia, poi quello che ha fatto prima e dopo io non lo so».



Quindi mai dubbi?

«Qualcuno ha tentato di farmi cambiare versione, addirittura un giornalista inglese, che stava tra gli innocentisti, mi ha accusato di essere un bugiardo, quando venne da me ad intervistarmi nel mio negozio, insieme ad una amica di Amanda che cercava di farmi dire che mi ero sbagliato. Mi chiedeva con insistenza se ero certo che nella vita non si può sbagliare, le risposi che ovviamente è possibile, ma in quella occasione ero sicuro del contrario».



Essere tacciato da bugiardo le ha pesato?

«Molto, anche gli avvocati della difesa hanno detto che sono inattendibile, ma sono nato al centro di Perugia, ci ho lavorato tanti anni, mi conoscono tantissime persone, amici e clienti, che sanno che invece sono molto affidabile».



Ma tornando al suo minimarket dove la mattina del 2 novembre è venuta Amanda?

«Certo, ma da marzo del 2009 non ce l'ho più ho ceduto l'attività ad un libico. Anche lì giornali e televisioni hanno detto tante cose sbagliate, ad esempio che avevo dichiarato che Amanda avesse acquistato saponi e detergenti. Io non l'ho mai detto, perché mentre sono sicuro che quella mattina lei fosse lì al momento dell’apertura, non posso dire che cosa avesse acquistato in quanto non stavo alla cassa e l'ho vista con il suo cappottino grigio, quello sì, di spalle mentre pagava».



E Sollecito veniva al market?

«Certo è venuto alcune volte, una addirittura in concomitanza con Rudy che acquistò una Coca Cola. Per me stavano insieme, ma non li ho visti parlare tra loro».



All’inizio della indagine non si era presentato a dare la sua testimonianza, perché?

«Non sentivo la necessità di riferire che Amanda quella mattina era venuta da me, quindi non poteva stare a casa di Raffaele, l'avevo detto solo ai miei familiari, poi la cosa si è risaputa e mi hanno convinto ad andare in procura. Certo, ho la coscienza a posto, ma la cosa per me ha avuto un costo altissimo sotto tutti i punti di vista».
© RIPRODUZIONE RISERVATA