Luca Parmitano ritorna: ora l'astronauta è il capitano Neemo sul fondo dell'oceano Atlantico, ecco il diario mozzafiato e le webcam per seguire la missione della Nasa

Luca Parmitano ritorna: ora l'astronauta è il capitano Neemo sul fondo dell'oceano Atlantico, ecco il diario mozzafiato e le webcam per seguire la missione della Nasa
di Paolo Ricci Bitti
7 Minuti di Lettura
Mercoledì 22 Luglio 2015, 01:52 - Ultimo aggiornamento: 24 Luglio, 12:00

Inarrestabile, da lassù o da laggiù, ventimila leghe sopra o sotto i mari, l’astrosub Luca Parmitano mantiene gli stessi superpoteri: ipnotizza, cattura, ammalia, strega - fate voi - e alla fine è impossibile resistere. Si comincia a leggere il suo diario e non si finisce più di viaggiare insieme a lui, che sia l’orbita terrestre oppure - adesso - il fondo dell’oceano Atlantico. E tra il cuore e il cervello appaiono scenari meravigliosi che non potremmo mai esplorare senza la sua disponibilità a condividere emozioni.

Eccolo nella sua nuova missione, speculare a quella che due anni fa lo portò a essere il primo italiano a camminare nello spazio. Ora il pilota dell’aeronatica militare è diventato il capitano Nemo di una base sottomarina. In realtà gli americani dicono e scrivono ”Neemo” perché si tratta dell’acronimo di Nasa Extreme Environment Mission Operations, ma perché stropicciare Jules Verne e Omero, strabilianti fonti di ispirazione per tanti di noi.

Poi lui, Parmitano, da quelle pagine immaginifiche è passato ai fatti scendendo davvero in grotte che puntavano al centro della Terra, pilotando astronavi dalla Terra in direzione della Luna e, in questi giorni, solcando gli abissi marini su un avveniristico Nautilus. Beh, a Ulisse servirono 20 anni per attraversare il mar Egeo e a Phileas Fogg 80 giorni per fare il giro del mondo mentre Parmitano, sulla stazione spaziale internazionale, impiegava appena 90 minuti per sorvolare tutto il pianeta, ma queste sono solo quisquilie.

Che cosa combinerà, allora, l’astronauta dell’Agenzia spaziale europea e dell’Agenzia spaziale italiana nelle prossime due settimane?

NASA

Insieme ai colleghi della Nasa, Serena Aunon e David Coan, e al giapponese Norishige Kanai, il maggiore siciliano dovrà lavorare nella stazione di ricerca al largo delle coste della Florida, in una simil-astronave a 20 metri di profondità, dove si prova una gravità che ricorda quella che si trova su Marte, la Luna e gli asteroidi. I quattro dovranno testare strumenti e tecniche per le passeggiate spaziali con attrezzature subacquee. La Nasa, in questo modo, migliora tecniche e materiali con tariffe di viaggio assai meno costose rispetto a quelle necessare per arrivare in orbita. Inoltre studieranno modi per gestire il ritardo di comunicazione dovuto alla distanza e sperimenteranno mobiPv, un visore di procedure mobile e indossabile (è simile a degli occhiali) che consente agli astronauti di ricevere istruzioni con audio e video mantenendo le mani libere.

Le webcam per seguire la missione

UN BACIO A KATHY, SARA E MAIA

Così l’altro ieri Parmitano, 39 anni, ha dato un bacio alla moglie Kathy e alle piccole Sara e Maia e si è immerso, felice come un Parmitano nello spazio (ovvero qualcosa vicino all’infinito siderale), fra le onde dell’Atlantico. Del resto l’acqua aveva segnato a sorpresa anche la sua missione spaziale: se ricordate, proprio due anni fa, il 16 luglio 2013, il maggiore rischiò di annegare (a 400 km di altezza sulla Terra...) mentre effettuava la seconda passeggiata spaziale per un guasto al sistema di refrigerazione-riscaldamento della tuta. ”Sono sano come un pesce” twittò una volta rientrato a tentoni nella stazione realizzando un’impresa (non vedeva più nulla e l’acqua nel caso gli impediva di respirare) che nemmeno Verne e Omero insieme avrebbero potuto immaginare e che gli è valsa una montagna di plausi da parte della Nasa.

STELLE E STELLE MARINE

"Ma manderà foto-tweet e scriverà il diario anche dal fondo dell’oceano come faceva quand’era tra le stelle?" ci chiedevamo noi, Parmitano-dipendenti, da interminabile tempo a secco.

Ebbene sì e ci scusiamo se vi abbiamo trascinato sin qui prima di allegare il suo primo racconto, la prossima volta saltate direttamente al corsivo, non ci offendiamo:

DALL'ACCOUNT FACEBOOK

DI LUCA PARMITANO

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Splashdown

Last night

In the moment my thoughts were adrift

and coasting the terrace, approaching the rift

through which I could spy several glimpses beneath

of a darkness that light from above could not reach

(Phish)

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Sotto di me il fondo dell'Atlantico è visibile, e la trasparenza dell'acqua donerebbe l'illusione di essere sospesi nel nulla, come uccelli in volo, le nostre braccia come ali dispiegate nel vento, se non fosse per la tinta blu scuro che filtra ogni colore.

Siamo a circa dieci chilometri dalla costa di Key Largo: galleggiamo accanto alla barca di supporto, con la quale siamo arrivati fin qui, quattro Aquanauti pronti all'immersione. Oltre a me, l'astronauta NASA Serena Aunon, l'astronauta JAXA Norishige "Nemo" Kanai e l'ingegnere EVA Dave Coan, anche lui della NASA: il mio equipaggio per le prossime due settimane. Attendono un mio segnale. Do loro il mio cenno di "ok", poi mi immergo e mi fermo intorno a tre metri di profondità, per accertarmi che tutti possano scendere senza problemi. Quando sono certo che le tre mute bianche si distaccano con facilità dalla superficie del mare, ricomincio la mia discesa, inizialmente verticale, poi, non appena intravedo Aquarius, in diagonale direttamente verso l'habitat. La visibilità orizzontale non è ottima, rispetto a quella verticale, e il laboratorio sottomarino è un'informe massa giallastra, di cui intuisco, più che percepisco, le dimensioni. Ma non ho alcuna fretta: avrò tutto il tempo per studiarlo a fondo, dentro e fuori.

Il programma della prima immersione prevede solo una serie di foto, la cui coreografia abbiamo studiato stamattina, all'Aquarius Reef Base, insieme al Program Manager di NEEMO, Bill Todd, e al fotografo "ufficiale" della missione. Dopo una ventina di minuti abbiamo completato tutte le pose. L'equipaggio saluta rapidamente Bill, poi indico ai miei tre compagni di portarsi verso l'ingresso di Aquarius. Io entrerò per ultimo. Dentro, ad accoglierci, troviamo "Otter" (ovvero "Lontra"), e Sean. I due tecnici fanno parte dell'equipaggio "permanente" di Aquarius, e sono responsabili della manutenzione ordinaria e straordinaria dell'Habitat. Sono sommozzatori molto esperti, e Otter in particolare ha accompagnato oltre 25 spedizioni.

Prima ancora di smettere le mute, Otter ci guida nelle procedure di emergenza che comportano l'evacuazione verso il "Gazebo", una piccola campana piena d'aria che utilizziamo sia come latrina (i rifiuti organici solidi vengono immediatamente ingeriti da migliaia di famelici pesci), sia come rifugio in caso di emergenza. Il Gazebo è infatti attrezzato con boccagli che distribuiscono NITROX, per permettere agli Aquanauti di riemergere in caso di necessità.

Poi finalmente è il momento di entrare nell'avamposto sottomarino. L'emozione non è molto diversa da quella che ho provato quando, qualche tempo fa, sono entrato per la prima volta nella Stazione Spaziale Internazionale: qui le dimensioni sono ridotte, e l'intero habitat è poco più grande di un modulo orbitale. Ma non importa: in tutto vivremo qui solo due settimane.

Aquarius è diviso in quattro parti: "wet porch", "entry lock", "main lock", "sleep zone". Il wet porch è un cubo bullonato al cilindro principale, che contiene le altre tra parti: da una apertura posta sul pavimento è possibile uscire, immergendosi. Immediatamente sotto è posizionata una griglia per permettere di appoggiarsu durante le EVA, e anche per facilitare il passaggio verso il Gazebo, al quale dobbiamo avere accesso immediato per i bisogni. Il wetporch è una zona di lavoro: lì sono posizionati i caschi Superlite, le nostre mute e tutto il materiale da EVA. C'è anche una piccola doccia per togliere dal corpo l'acqua salata. Il wet porch non è ventilato, e la temperatura è dettata da quella dell'Oceano. A luglio è terribilmente caldo, e l'umidità (vicina al 100%) non migliora certo le condizioni.

È quindi con estremo sollievo che, attraverso una porta stagna, si passa nell'entry lock. Siamo nel cilindro principale dell'habitat, ventilato e condizionato. Le pareti curve, e gli oblò spessissimi, servono a ricordarmi che mi trovo a quindici metri di profondità.

Qui abbiamo installato la stazione di comunicazione radio e i computer che ci tengono in contatto con la superficie. C'è anche un lavello, che utilizziamo per lavarci, e varie apparecchiature di controllo del corretto funzionamento di Aquarius. Il compartimento è completamente isolabile, attraverso la porta che ho appena attraversato e un'altra diametralmente opposta, che permette di entrare nel main lock.

Questo è il cuore di Aquarius. Mi ricorda moltissimo il Service Module del segmento russo dell'ISS: anche qui c'è un tavolo, che diventa immediatamente il punto naturale di raccolta dell'equipaggio. C'è un altro lavello (con l'acqua calda per preparare il cibo liofilizzato), la cambusa con il cibo, un frigo (piccolo e poco efficace), ma soprattutto un oblò enorme e ipnotico.

Attraverso una tenda si passa nell'ultimo compartimento, quello con i nostri sei minuscoli letti. Grandi (o piccoli) come quelli di un vecchio "vagone letto", saranno il solo spazio che ci appartiene per le prossime due settimane.

Non ho molto tempo per fermarmi e cercare di assorbire tutto. È già ora di prepararsi per la prima immersione direttamente da Aquarius; le mute sono ancora bagnate (sono passate pochissime ore dal nostro ingresso ), ma non importa. Siamo pronti.

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