«Wow, wow, wow, sto scrivendo dallo spazio», il primo racconto di Samantha Cristoforetti

«Wow, wow, wow, sto scrivendo dallo spazio», il primo racconto di Samantha Cristoforetti
di Paolo Ricci Bitti
5 Minuti di Lettura
Martedì 25 Novembre 2014, 18:43 - Ultimo aggiornamento: 27 Novembre, 17:37

«Wow wow wow, sto scrivendo dallo spazio». Poi però confessa che le mancano le parole, che non sa da dove cominciare, che è travolta dall’emozione, più che dalla stanchezza. Ma Samantha Cristoforetti non deve preoccuparsi, all'inizio è capitato a tutte le matricole-astronauti, quando cominciano a vedere cose che noi umani (terrestri) possiamo solo immaginare. Del resto Giacomo Leopardi, ammesso che ne sentisse la necessità e pur esplorando ogni giorno l’Infinito, non avrebbe mai superato le selezioni per diventare viaggiatore delle stelle. E provateci voi a descrivere l'alba a 400 km dalla Terra con il Sole che per dieci secondi colora di arancione infuocato gli enormi pannelli della stazione spaziale.



LA FAMIGLIA E IL FIDANZATO

Ecco la prima pagina scritta da Samantha sul suo diario di bordo, sul sito avamposto42.esa.int. Se la sono bevuta prima di tutti mamma Antonella, papà Sergio, fino a qualche anno fa titolari del’hotel Liberty a Malè, in Trentino, il fratello Jonathan, che lavora negli Stati Uniti, e il fidanzato Lionel Ferra, ingegnere aerospaziale francese, addestratore degli astronauti dell’Agenzia spaziale europea Colonia (qui lo vedete al lavoro).

Il colloquio fra loro, ospiti del cosmodromo di Bajkonur, e astrosamantha, ha reso bene l’emozione vissuta da una parte e dall’altra in questa esperienza riservata a pochi, è solo il primo di quelli che l’astronauta italiana animerà periodicamente tra la stazione spaziale internazionale e noi terrestri.

Ma ogni giorno la si può appunto seguire sul blog avamposto42 che in questi giorni è contattato da una marea crescente di appassionati.

IL PRIMO GIORNO

«Wow, wow, wow! Sono le 22 (la traduzione dall’inglese è stata effettuata da Paolo Amoroso, AstronautiNEWS, divulgatori tra i più compenti e appassionati) qui sulla Stazione Spaziale Internazionale (ora di Greenwich), mi sto avvicinando alla fine del mio primo giorno nello spazio e non so nemmeno come iniziare a descrivere l’esperienza delle ultime 30 ore o giù di lì. Veramente, non lo so.

Dire arrivederci alla mia famiglia, indossare la tuta per il lancio, andare alla rampa di lancio, prendere l’ascensore, agganciarsi le cinture... e poi il lancio, questa corsa sfrenata verso l’orbita e poi lo spegnimento improvviso dei motori, e sentire il mio corpo voler fluttuare via dal seggiolino. E le prime occhiate alla Terra; il mio primo sorgere del sole, le stelle. La mia prima visione della ISS mentre ci avvicinavamo (qualcosa di più su questo più avanti) e poi galleggiare attraverso il portello verso i calorosi abbracci di Sasha, Elena e Butch.

I primi goffi tentativi di “volare”, consumare il primo pasto, Butch che ci faceva il briefing sulla toilette, Terry che mi chiamava per vedere il sorgere del sole dalla Cupola... e così tante altre impressioni. Il mio cervello avrà bisogno di diversi giorni per elaborare tutto questo e prometto che condividerò tutto ciò che potrò!

IL SOLE

Per ora, vi dirò di un altro momento, che è stato così fortunato e inaspettato. Sapete, quando volate verso la Stazione Spaziale nella Soyuz, a meno che non siate il Comandante (...) non c’è alcun modo di vedere la Stazione fino a quando vi trovate veramente vicini e le sue parti iniziano a entrare nel vostro campo di vista. Prima del volo, i precedenti astronauti delle Soyuz mi avevano ricordato di iniziare a guardare la Stazione Spaziale dal finestrino laterale nell'ultima parte dell’avvicinamento, e così ho fatto: ma non ero nemmeno minimamente preparata a quello che ho visto quando ci trovavamo a circa 30-40 metri.

A quel punto avevo allentato le mie cinture alle spalle un bel po’, così stavo galleggiando sopra il mio seggiolino. Mentre mi sono girata per guardare fuori, all'inizio ho guardato indietro e ho visto uno dei pannelli solari della nostra Soyuz. Poi i miei occhi hanno colto qualcosa nella visione periferica. E mentre mi sono girata lentamente, quando mi sono resa conto di ciò che stavo vedendo, sono stata sopraffatta da puro stupore e gioia: la Stazione Spaziale era lì, ma non era solo una vista qualunque.

Gli enormi pannelli solari erano inondati da una fiammata di luce arancione, vivida, calda e quasi aliena. Non ho potuto fare a meno di esclamare qualcosa ad alta voce, che potete probabilmente ascoltare nelle registrazioni del nostro attracco, visto che a quel punto eravamo a “microfono aperto” con il Controllo Missione. Anton me lo ha ricordato e così ho cercato di contenere il mio stupore e tornare al monitoraggio dell’attracco. Quando ho sbirciato ancora più tardi, il bagliore arancione non c’era più.

Butch mi ha poi detto che aveva sentito il mio stupore nelle comunicazioni radio quando “la Stazione è diventata arancione”. Non lo sapevo, ma apparentemente ci sono solo pochi secondi durante la transizione dal giorno alla notte in cui la Stazione è illuminata da quell'incredibile bagliore arancione. Ed è accaduto esattamente quando ho sbirciato fuori! Mi sento molto fortunata ad avere avuto un primo sguardo così unico del nostro avamposto umano nello spazio: un benvenuto così bello!

Che è stato superato, fra l’altro, dall'incredibile benvenuto, che i nostri compagni di equipaggio veterani Sasha, Elena e Butch hanno preparato per noi! (....)».

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