Massimo Banzi e l'idea di Arduino: «Perché si può fare business anche pensando al bene comune»

Massimo Banzi e l'idea di Arduino: «Perché si può fare business anche pensando al bene comune»
di Andrea Andrei
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Sabato 17 Ottobre 2015, 14:38 - Ultimo aggiornamento: 18 Ottobre, 15:13

Anche se, vista la sua celebrità, è difficile che ci sia qualcuno che non ne abbia sentito parlare, sappiate che l'omaccione che vedete qui è una di quelle eccellenze italiane di cui tanto si parla e che il mondo ci invidia. Si chiama Massimo Banzi ed è uno dei cofondatori di Arduino, una delle schede open source più famose al mondo, che rappresenta il punto di contatto fra il mondo dei makers e le grandi aziende.

«Arduino è nata in una scuola di design - racconta Banzi, ospite dello stand del Messaggero alla Maker Faire Rome - Volevamo costruire strumenti che permettessero a persone senza una preparazione in ingegneria, di essere creativi con l'elettronica». Oggi quell'invenzione è alla base di moltissime delle innovazioni dei maker, perché ha permesso di “democratizzare” il processo creativo, rendendolo a portata di mano anche di chi non ha una laurea in informatica. Arduino oggi in Italia si chiama “Genuino”, dopo una disputa legale per la proprietà del marchio che è ancora in corso.

«C'è stata un'evoluzione nel mondo della tecnologia e nelle tipologie di business - spiega ancora Banzi - È stato grazie ai modelli open source, primo fra tutti Linux. Io ho esteso questo concetto all'hardware: ora esistono dei prodotti che sono completamente open source. Oggi le aziende collaborano tutte per creare una “base” condivisa, e poi si fanno concorrenza sui prodotti che sviluppano a partire da quell'idea. In questo modo si crea un bene comune, ed è una bella cosa».

Una cosa che è alla base della Maker Faire Rome, che quest'anno si svolge per la terza volta consecutiva e di cui Banzi è stato fin dall'inizio uno degli organizzatori: «Dagli Stati Uniti, dove già si svolgeva, con Riccardo Luna e in collaborazione con la Camera di Commercio di Roma l'abbiamo voluta fortemente esportare in Italia, e a Roma in particolare. È cresciuta molto in tre anni, oggi è una delle fiere più importanti del Paese».

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