La pasta si stampa in 3D, i nuovi sistemi di produzione sbarcano nel mondo della gastronomia

La pasta si stampa in 3D, i nuovi sistemi di produzione sbarcano nel mondo della gastronomia
di Federico Rocchi
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Sabato 11 Gennaio 2014, 09:43 - Ultimo aggiornamento: 11:38

facile immaginare una macchina in grado di fondere un filamento di cioccolata per costruire una forma.

Se la macchina è controllata da un software ecco pronta una stampante 3D come quella realizzata dalla società TNO di Eindhoven nei Paesi Bassi che regala un pizzico di futuro a millenarie tradizioni. Proprio insieme a TNO, Barilla sta sperimentando da tempo, circa due anni, la possibilità di usare tecnologie di stampa 3D per la realizzazione di pasta - sì proprio maccheroni, spaghetti, penne, insomma di tutti i tipi conosciuti e amati nel mondo, ma di nuove forme inventate là per là - e si tratta di un passo in più rispetto alla semplice prototipazione estetica. Per funzionare, infatti, la pasta deve essere cotta, condita e gustata, ed evidentemente ABS o PLA non sono materiali adatti. Kjeld van Bommel, responsabile del progetto per TNO, ha parlato di un orizzonte immaginifico, di stampanti installate direttamente nei ristoranti, per realizzare formati in tempo reale e servire il cliente al tavolo. Magari sorprendendo la moglie con una pasta a forma di rosa il giorno dell’anniversario di matrimonio semplicemente salvando il disegno in una chiavetta usb da portare al locale do ve si potrà stampare il fornmato scelto in 3D. Più realisticamente, però, è corretto pensare ancora alla realizzazione di prototipi a prezzo irrisorio e illimitate possibilità rispetto a quanto oggi è necessario per mettere a punto un nuovo formato di pasta, un’operazione che passa per le mitiche trafile al bronzo e soprattutto per decine di tentativi verso forma e superficie capace di tenere cottura e condimento.

GLI APPARECCHI

Il nuovo business delle stampanti 3D è stato protagonista anche all’appena concluso CES 2014 di Las Vegas. Cos’è una stampante lo sappiamo tutti, perlomeno nel mondo a due dimensioni del foglio di carta. Una stampante 3D è l’equivalente ma con una dimensione in più, capace di costruire un oggetto reale agglomerando materiale secondo un disegno in tre dimensioni, realizzato con software CAD. Si possono quindi realizzare molte copie dello stesso disegno oppure programmare la realizzazione di più oggetti variandone forma o proporzioni dallo schermo del PC. Il processo, quindi, è l’inverso della scultura tradizionale o della fresatura controllata da calcolatore, in cui a partire da un blocco di materiale si toglie l’eccesso per lasciare solo il necessario a rappresentare la forma. Negli USA servono circa 1000 dollari per avere una stampante 3D in grado di realizzare piccoli oggetti fino a 15 centimetri per la dimensione massima, come la Replicator Mini. Con una cifra più che doppia è invece possibile portarsi in casa il modello superiore, più veloce ed in grado di realizzare oggetti con dimensioni di 20x25x15 centimetri ad una risoluzione di 100 micron. La MakerBot Z18, poi, è ancora più grande. Può creare pezzi da 30 x 30 x 45,7 centimetri e diventa quindi in grado di realizzare componenti per costruire altre stampanti, una possibilità affascinante anche sul piano culturale o letterario. Ma l’ondata stampa 3D non si ferma negli USA. In una notissima catena di megastore di casa nostra la Hamlet 3DX100, dall’aspetto rassicurante e capace di stampare oggetti con dimensioni fino a 225x145x150 mm, è in vendita intorno ai 1500 euro.

L’USO

Gli usi possibili per questo tipo di macchine sono limitati soltanto dal tipo di materiale che le stampanti saranno in grado di “fondere”. Per i modelli di oggi e per gli usi più comuni ABS e PLA, derivato dal mais, possono soddisfare le richieste per prototipi e singoli pezzi meccanici ma è intuitivo immaginare che quando sarà possibile addensare con precisione digitale anche materiale organico gli usi possibili diventeranno ancora più interessanti. Esistono esigenze di costruzione di singoli pezzi fatti su misura in campo medico, ad esempio vene e capillari, fino agli scenari per il momento fantascientifici di ricostruzione di interi organi interni che vedranno forse i nostri nipoti. In ogni caso una stampante 3D, oltre alle citate qualità di versatilità ed economicità, offre potenzialità che le consuete tecniche di costruzione inventate dall’uomo non possono offrire. Ad esempio è impossibile costruire un oggetto che sia composto da altri oggetti al suo interno, soprattutto se questi oggetti sono svincolati dal contenitore. Per questo motivo non è azzardato accostare le tecniche di stampa 3D ai processi di formazione della materia tipici più della natura, finora impossibili da realizzare, piuttosto che a quelli umani, anche messi a punto in migliaia di anni di esperienza. E gli spaghetti? Non resta che aspettare e stare a vedere.

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