Catechizzato sotto porta, un secondo bomber: «Dicono sia un centravanti poco egoista, io gioco per la squadra». E per i tifosi: «L'appoggio del pubblico è fondamentale». Sbirciatelo già sotto la balaustra, vuole far esplodere l'Olimpico a colpi di magia. Fatata la rovesciata al Barca, delizioso lo scavetto all'Inghilterra a Euro 2004: «A quell'età ero un irresponsabile, forse non lo ripeterei». Eppure, lo sappia subito Postiga, i laziali amano questa meravigliosa follia. Non è matto, Heldér, al massimo ribelle e buon intenditore del presente e del passato: «Il mio idolo era Van Basten. Oggi il migliore al mondo è senz'altro Cristiano Ronaldo».
Non ha bandiere: «La mia squadra del cuore? Quella dove gioco». Schietto, non bacia maglie, culla i sogni: «Chiudere la carriera in un campionato importante». Esaudito il desiderio nato 31 anni e mezzo fa a Vila do Conte, benedetto dentro l'Oceano Atlantico: «La notte aiutavo mio padre a preparare le reti da pesca». Un giorno, aveva sette anni, li riempì lui di migliaia di sardine: «Se non fossi diventato calciatore, sarei stato anch'io un pescatore». Drizza già le orecchie, Klose: forse lo trascinerà nelle gite a Ostia e sul lago di Bracciano. Al Tottenham Heldér era il “Postino”, ma non s'inchinerà a baciare i piedi di Miro. Gli servirà i bocconi, insieme sbraneranno le prede: Reja è anche pronto a passare al 3-5-2 con due punte. Una ha già lasciato la Lazio: con Floccari al Sassuolo, ieri veniva ufficializzato Vinicius al Padova. A Formello non sbarca il baby Pasalic dell'Hajduk, rapito al fotofinish dal Chelsea. Per tre milioni, in rete.
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