Tuffi, argento europeo per Noemi Batki
Secondo posto dell'azzurra dai 10 metri

Tuffi, argento europeo per Noemi Batki Secondo posto dell'azzurra dai 10 metri
di Piero Mei
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Venerdì 22 Agosto 2014, 15:21 - Ultimo aggiornamento: 23 Agosto, 08:55
Noemi tiene con la destra la mascotte e con la sinistra poggia forte sul cuore la medaglia d’argento che ha appena vinto agli Europei di Berlino nei tuffi dalla piattaforma da 10 metri. «E’ mia e me la dedico pure: ho tanto lavorato per vincerla» dice, lei che la volta che vinse l’argento nella natia Budapest lo dedicò ai soldati italiani in Afghanistan. Perché sono suoi sodali, essendo Noemi dell’Esercito.

La gara di Berlino è stata particolare: niente di che la mattina, con la Bakti nona, «ma tanto sapevo che alla finale saremmo andate tutte e undici», quella del pomeriggio gestita soprattutto con divertimento, perché «stavolta mi sono proprio divertita e mi sembrava bello anche quando erano le mie avvrsarie a saltare bene». E’ il fair play di questa stirpe di sportivi speciali che sono i tuffatori, gente di nicchia, che a Noemi un po’ spiace essere così ma molto piace, giacché «è sempre un modo per essere particolari, perché così stupiamo».



Era in qualche misura la “gara della vita”, per questa ragazza di 27 anni nata a Budapest ma da bambina venuta in Italia al seguito della mamma ungherese innamorata di un italiano, Dario Mosena, con il quale ha messo su famiglia e generato altre figlie tuffatrici, fra le quali la speranza Estilla.



Anche mamma Ibolya era una tuffatrice: olimpica. Ha rappresentato l’Ungheria a Barcellona ’92. Poi, quando mamma ha smesso, Noemi ha cominciato: erano a Belluno, allora. E Ibolya ne è diventata, e tuttora lo è, l’allenatrice. «E’ difficile allenare una figlia, perché tutto è complicato anche dal rapporto familiare; quando Noemi era adolescente questo si è sentito, ma ormai è grande». Ibolya guarda Noemi e si dichiara felice per la gara della figlia, giacché «l’oro non era alla sua portata, l’inglese non ha mai saltato così».



Per la mamma allenatrice seguire Noemi oggi è stato «due chili di sudore dalle mani e dai piedi», mentre è assai bello seguirla quotidianamente nel Centro Federale di Trieste, che Ibolya loda molto per le strutture, i tempi di utilizzo e che giudica «la più bella piscina d’Italia».



Lì madre e figlia hanno costruito «in questo difficilissimo anno dopo quello postolimpico che fu un disastro, l’inizio della risalita». Ora ci vuole «stabilizzazione, come ci voleva continuità durante la gara».

Per disputare la quale Noemi ha sostituito un tuffo che poco le riusciva con uno che va assai meglio. «Adesso con i miei tuffi migliori potrei guadagnare anche 30 punti» dice Noemi che ieri è arrivata a 346.40 («peccato non aver fatto il personale») grazie a quattro volte oltre i 70, contro i 363.70 della Barrow, l’inglese vincitrice e meglio dei 341.35 dell’ucraina Prokopchuk. «Mi sono mangiata le mani e le unghie per un anno mentre tutti giravano il mondo, ma ce l’ho fatta». «E per il record personale ci sarà una prossima volta» dice Noemi: «Si va avanti, si fanno risultati e la mia mamma mi supporta e sopporta sempre».

I tuffi d’Italia hanno ritrovato una bella interprete. Del resto sono tutti bravi ragazzi: pensiamo a quei due, Michele Benedetti e Giovanni Tocci, che non avevano mai provato il sincronizzato da 3 metri e che sono stati costretti ad improvvisare il programma e si sono piazzati al quarto posto di una gara che ha visto sconfitto il tedesco invincibile Hausding: niente quarto oro da record oggi per lui. Poi si vedrà. Domani, quando vedremo anche Tania.
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