Un archeo robot per svelare il mito di Romolo al Foro romano

Un archeo robot per svelare il mito di Romolo al Foro romano
di Laura Larcan
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Sabato 4 Luglio 2015, 06:10 - Ultimo aggiornamento: 17 Luglio, 18:24

Se il mito di Romolo viene svelato da un archeo-robot. O meglio, da uno speciale “occhio meccanico” capace di acquisire immagini con una precisione impossibile (se non invisibile) all'occhio umano.

Ed è così, con la strumentazione d'avanguardia del laser scanner, che gli archeologi stanno per svelare il mistero del “Lapis Niger” nel cuore del Foro Romano, monumento legato alla morte del primo re di Roma, che qui, secondo la leggenda, fu ucciso dai senatori, smembrato come Dioniso e poi assunto in cielo diventando il dio Quirino. Uno spettacolo nello spettacolo, a circa quattro metri di profondità. Un braccio meccanico con una “testa/cervello” perfettamente snodabile mette in scena la sua danza hi-tech per effettuare misurazioni che in tempo reale si traducono sui monitor dei computer in una ricostruzione tridimensionale.

Siamo nell'area del Comizio il centro politico di Roma (al cospetto della Curia Senatus), al di sotto di una pavimentazione di pietre nere (dal latino, appunto, lapis niger). È qui che si conserva intatta su un cippo di un metro quadrato l'iscrizione in latino più antica di Roma databile al 575 a.C.

Una “lex regia” in latino arcaico che sancisce implacabili pene per chi viola l'area sacra, segnata dal vicino altare. Da sempre oscura, piena di lacune, difficile da trascrivere nella sua interezza, perché in una posizione sotterranea complicata. Un luogo anche di folcloristica maledizione (gli archeologi ci ridono su, la superstizione è solo un divertissement in confronto alla ricerca scientifica).

È la tecnologia a segnare la svolta. Quella del laser scanner Cam2 Arm, che da ieri mattina è entrato in funzione sul cippo sacro: «Questo strumento ci consente ora di scansionare in un secondo 460mila punti dell'iscrizione ad una risoluzione altissima», racconta Riccardo Auci responsabile della società VisivaLab, che in sinergia con la società Faro di Oreste Adinolfi, sta eseguendo la ricerca nell'ambito del progetto diretto da Patrizia Fortini della Soprintendenza ai beni archeologici (guidata da Francesco Prosperetti). «Il braccio meccanico si muove intorno al monumento rilevando tutti i dati dell'iscrizione al centesimo di millimetro - continua Auci - Così come la vedremo ora, non l'ha mai vista nessuno».

IL MISTERO DEI PUNTI

È impressionante. «La qualità delle immagini ci consentirà di riconoscere possibili nuovi segni grafici, graffi, ma anche ripensamenti da parte dell'incisore - avverte la Fortini - Per esempio, il braccio meccanico può arrivare a sondare anche tutta la quarta faccia del cippo dove l'iscrizione è rimasta sempre più approssimativa». Una questione che già sta animando gli epigrafisti, arrivati ieri mattina per l'impresa, sono i tre punti che compaiono tra alcune lettere: «Prima si pensava che fossero casuali, ora si ripetono», riflette Auci.

«Sono segni di interpunzione che scandiscono la lex - dice la linguista Giovanna Rocca dell'università Iulm di Milano - la prima faccia dell'iscrizione non ne presenta, ma ritornano nella seconda e terza. Nella quarta faccia ora questi punti ci disorientano: dobbiamo capire se sono segni fatti dall'incisore o segni della pietra». Il rilevamento dei dati durerà ancora due giorni. Poi inizierà la fase di elaborazione dei dati. Scoperte e conclusioni scientifiche saranno probabilmente illustrate nel grande convegno di Epigrafia che La Sapienza organizzerà a gennaio prossimo.