De Gregori incanta Los Angeles e si emoziona: «Amo molto l'America, ma non ho mai voluto espatriare»

Francesco De Gregori al Chinese Theatre di Los Angeles
di Gloria Satta
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Sabato 1 Marzo 2014, 10:21 - Ultimo aggiornamento: 6 Marzo, 14:06
Quando Francesco De Gregori intona Viva l’Italia, canzone-manifesto di sempre, scatta la standing ovation.



Il primo concerto hollywoodiano del musicista, evento chiave del festival “Los Angeles Italia” orchestrato da Pascal Vicedomini, ha come scenario il Chinese Theatre: un tempo palcoscenico degli Oscar, oggi è a pochi metri dal Dolby dove domani sera verranno consegnate le statuette.



Fuori la fibrillazione è alle stelle, molte strade sono già chiuse e Los Angeles si è trasformata in un gigantesco ingorgo. Ma nel teatro dove De Gregori canta accompagnato dal suo chitarrista Paolo Giovenchi, l’atmosfera è intima ed emozionante.



Brani poetici e senza tempo come Alice, Generale, La donna cannone conservano intatto il loro incanto. Prima del concerto, Francesco compare nel bel documentario di Stefano Pistolini Finestre rotte. Alla fine, viene premiato dallo sceneggiatore Steven Zaillian (Oscar per Schindler’s List) e da Siedah Garrett, già partner musicale di Michael Jackson.

E’ contento, De Gregori. L’immancabile cappello e mille sigarette, il portamento elegante, il “Principe”, è venuto a Hollywood con la moglie Alessandra. «Ho trovato anche il tempo di fare il turista», sorride.



Che impressione le fa essere in America?

«È una grande emozione, perché qui ho preso molto. Questo Paese è la culla della mia formazione musicale. E’ come se tornassi nel negozio in cui ho rubato...».



Come mai ci è venuto di rado?

«Sono sempre stato poco ambizioso, l’Italia mi andava larghissima. Le parole delle mie canzoni sono poco traducibili e poco esportabili, perciò non mi sono mai sentito spinto a espatriare».



Si può dire anche oggi “Viva l’Italia”?

«Più che mai. Al sentimento di appartenenza non si può rinunciare nemmeno in un momento problematico come questo. La canzone la scrissi nel 1979 ma non è invecchiata, anche se quell’Italia flagellata dal terrorismo non c’è più».



Qual è oggi “l’Italia che resiste”?

«Quella che si sforza di non perdere il senso di appartenenza e l’orgoglio per questo Paese di grande e sterminata bellezza».



Renzi può riaccendere la speranza?

«La speranza c’è sempre. Io voglio vedere cosa succede e faccio il tifo perché le cose avvengano».



Si definisce ancora di sinistra?

«Oggi non mi interessa definirmi. Preferisco seguire con affetto le vicende del mio Paese. Quanto alla sinistra, il discorso sarebbe lungo. Oggi non so cosa sia, come del resto non lo sapevo trent’anni fa».



Ha visto il film di Sorrentino, candidato all’Oscar?

«Sì, e l’ho amato incondizionatamente. È bellissimo e doloroso. Lo sguardo del regista non è crudele ma straziante. Come tutti i bei film La grande bellezza non dà risposte».



Cos’è per lei la “grande bellezza”?

«Più che un requisito estetico, un sentimento».



Va spesso al cinema?

«Mi ha divertito American Hustle e ho amato molto A proposito di Davis: parla di un folksinger, è roba mia!».



Cosa la ispira oggi?

«Continuo a pascolare su tre o quattro accordi, ma credo di avere uno sguardo più profondo sulla musica».



Cosa prepara?

«Un disco con venti pezzi vecchi ricantati e risuonati oggi che sono un uomo e un artista diverso. E’ come ridipingere lo stesso quadro, è il vantaggio del mio mestiere».



A Hollywood, De Gregori ha abbracciato Sorrentino. Tornando a casa in macchina, il regista ha cantato a squarciagola con la moglie e i figli le canzoni del “Principe”.
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