David Bowie, il ritorno del Duca bianco

David Bowie, il ritorno del Duca bianco
di Marco Molendini
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Martedì 18 Novembre 2014, 10:52 - Ultimo aggiornamento: 23 Novembre, 21:09

Il Duca c'è, eccome se c'è. A provarlo ecco questa corposa riesumazione del suo passato, accompagnata da un paio di folgoranti tocchi di attualità. Uno soprattutto, Sue (or in a Season of Crime), sette minuti e mezzo lunari fra sax che si lamentano, ottoni che danno colore, una ritmica ostinata, mentre la sua voce ha un che di spaziale e racconta che forse ha perso qualcosa di energia, ma certo non in mistero e suggestione.

Un bel modo di aprire una raccolta (sono tre cd) che vuole raccontare il suo fantastico mezzo secolo di carriera preziosa. Un pezzo che segna un nuovo flirt con il jazz, grazie all’accompagnamento dell’orchestra diretta da una delle più accreditate band leader e arrangiatrici in circolazione, Maria Schneider, che ha già un grammy all’attivo ed è stata allieva di un maestro come Gil Evans, con cui Bowie collaborò negli anni 80 (per la canzone Absolute beginners).

E non fu quello l’unico precedente contatto col jazz, visto che nel ’93, per l’album Black tie white noise, David assoldò il trombettista dell’Art ensemble of Chicago, Lester Bowie (nessuna parentela, ovviamente).



IL VIAGGIO A RITROSO

Nothing has changed, dice il titolo di questa antologia: nulla è cambiato. E, in questo senso, il viaggio a ritroso (si comincia da Sue, passa per un altro inedito già diffuso nei giorni scorsi, 'Tis a pity she was a whore (anche questo dark, rabbioso, antibellicista, dallo spirito più robustamente rock) e solo nel terzo disco ci sono classici come Rebel Rebel, Ziggy Stardust, Changes) fa sentire pesantemente il vuoto di un’assenza dalle scene che sostanzialmente dura da un decennio. Come sta Bowie? Dopo l'infarto del 2004, non si è fatto più vedere in giro se non raramente (anche nell’elegante video che accompagna Sue compare di sfuggita, mentre registra la canzone davanti a un microfono indossando un paio di occhiali). Ma le voci peggiori sul suo stato di salute sono state smentite e classificate come bieche speculazioni. Anzi, da ultimo sono riprese persino voci di un possibile ritorno alle scene live. Nelle settimane scorse la stampa inglese ha ventilato una sua partecipazione al Festival di Glastonbury in estate. Qualcun altro ha parlato di possibili date londinesi con offerte multimilionarie. Il suo producer, Tony Visconti, non ha escluso blitz dal vivo, ma ha negato la possibilità che si rimetta in tour, perché non ne avrebbe voglia o non se la sente (si capisce, dopo i guai di salute che ha affrontato).

David nei giorni scorsi è stato inserito fra i nomi delle star che poi hanno preso una nuova edizione del Band Aid con una riedizione di Do they know it's christmas a favore della lotta all’ebola, uscito ieri e dove figurano Bono, gli One direction, Chris Martin. All’ultimo, però, il suo nome è stato depennato dalla lista. Sta invece per uscire in Italia (verrà proiettato il 25 e 26) il documentario David Bowie is, girato tra le sale della mostra sul Duca Bianco allestita al Victoria and Albert Museum di Londra nel 2013, con l’accompagnamento di 25 canzoni, fotografie, testi scritti a mano, storyboard per i video, bozzetti di costumi e scenografie.

Nothing has changed, che segue l'album del 2013 The Next Day, il primo in dieci anni, contiene diverse curiosità. C'è la prima versione fatta da Bowie stesso di All the young dudes, scritta per i Mott the Hoople, c'è la versione di Let me sleep beside you, pubblicata per la prima volta nel 1970, ri-registrata nel 2000 e rimasta nascosta fino ad oggi. Anche Shadow man, outtake del 1971, è una nuova registrazione mai pubblicata. Your turn to drive era stata originariamente offerta come free download a chi acquistava online l’album Reality. Interessante la versione di Young americans mai pubblicata in precedenza, mentre il remix di Life on mars non era mai uscito su cd.

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