Maria Grazia Cucinotta in veste da pin-up: «Donne, riappropriatevi della vostra femminilità»

Maria Grazia Cucinotta in veste da pin-up: «Donne, riappropriatevi della vostra femminilità»
di Carmine Castoro
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Lunedì 24 Novembre 2014, 05:19 - Ultimo aggiornamento: 13:25

Calze velatissime rigorosamente dotate di timide mollettine che le reggono a metà coscia, limette d’ordinanza per unghie smaltate e vistose, cappellini fru-fru, barboncini e bambolotti al seguito, occhialini da sexy-maestra, impavidi decolleté, riccioli a cannolo e super-berline d’epoca che fanno da piattaforme lussuose per curve mozzafiato.

Maria Grazia Cucinotta, incoronata fra le regine del cinema mediterraneo con “Il Postino” di Troisi che proprio nel 2014 ha festeggiato i suoi vent’anni, splendida testimonial della italica femminilità, attrice versatile ma sempre discreta e dosata nelle sue apparizioni pubbliche e artistiche, si presenta così, con il repertorio caleidoscopico e intrigante delle pin-up anni ’50, in un libro-collezione di scatti patinati realizzati dal fotografo hollywoodiano Douglas Kirkland: un’opera tutta da sfogliare e da godere i cui proventi andranno alla Pangea che si occupa di lotta alla violenza sulle donne e alla Susan Komen, marchio no-profit che raccoglie fondi per la ricerca contro il tumore al seno.

«Un giorno Maria Grazia Cucinotta mi chiese di parlarle delle pin-up, dato che me ne ero occupato in un romanzetto che avevo scritto – scrive nella introduzione al testo il famoso giornalista Rai Vincenzo Mollica -.

Risposi che erano donne comuni, portatrici di bellezza, per lo più attraverso calendari, da qui il termine pin-up, ossia “donne da appendere”. Per farle capire ancora meglio l’universo delle pin-up, le regalai un libro dedicato a Gil Elvgren, un pittore americano che con rara grazia artistica ha dipinto le più belle pin-up del Novecento. Nel suo interpretare pittoricamente la bellezza femminile, Gil Elvgren non è mai stato volgare, non ha mai inseguito scorciatoie erotiche dozzinali. È stato, invece, sempre come stregato dalla magia che ogni donna porta con sé, specchio di quello che diceva Federico Fellini: Se vuoi scoprire il mistero della vita, cercalo in una donna».

E’ nato così questo viaggio della Cucinotta attraverso l’umorismo malizioso di una ormai classica iconografia della donna, magari osteggiata da un certo pensiero femminista, ma che resta colorato, appassionato, mai morboso, anzi ruspante e coinvolgente, appetitoso e disarmante come solo una prelibatezza gastronomica sa essere. E non a caso le “starlette” del periodo postbellico erano anche definite “cheesecake”, proprio dal nome di una torta gustosa e popolare come una bella ragazza luccicante di appeal.

Le pin-up del Dopoguerra, le vamp formose e deliziose, le icone per i soldati al fronte e per gli impenitenti vitelloni di città, le Jessica Rabbit d’antan che sfoggiano curve pericolose, sguardi maliardi e ancheggiamenti su sandali rigorosamente a spillo, le miss da Mille e una Notte, le hollywoodiane Jane della jungla, mezze donne mezze selvagge, ma anche le eroine sexy alla Betty Boop tutta occhioni languidi e reggicalze in bella mostra, sono i punti di riferimento culturali di questo autentico planetario della bellezza raggiante, per realizzare il quale la Cucinotta si è affidata al taglio estetico di un vero maestro dell’obbiettivo, Douglas Kirkland, autore di famosissimi servizi a stelle del firmamento cinematografico e non solo, del calibro di Marylin Monroe, Coco Chanel, Michael Jackson.

«La mia passione per l’Italia e per le donne italiane non è mai stata un segreto e quando vidi "Il postino" per la prima volta il mio sogno fu di poter lavorare anche con Maria Grazia Cucinotta – ricorda proprio Kirkland-. Riuscii finalmente a incontrarla e a fotografarla nel 2008, in occasione di un numero speciale di Vanity Fair Italia e giurammo che avremmo trovato un altro progetto a cui lavorare insieme. Solo un anno più tardi la rincontrai al Festival del Cinema di Venezia e Maria Grazia non vedeva l'ora di parlarmi della sua idea per un servizio in stile pin-up. Ovviamente risposi subito di sì».

Insomma, scagli la prima pietra l’uomo che disdegna la donna provocante, sexy, voluttuosa, la donna che brilla d’assenza, che è dove non appare, che spalanca universi immaginari, che incanta e avviluppa, ipnotizza e sconvolge; la donna che è una pergamena vivente dove materializzare i sogni, cui basta un’asimmetria, una fragranza, una filigrana di tessuto, un laccetto in evidenza, un merletto vaporoso o una linea di colore per striare il desiderio del maschio, renderlo liquido, polverizzarne ogni resistenza; la donna che in ogni parte del suo corpo, in ogni dettaglio del suo look proietta il racconto di una intera identità come uno scrigno fa col suo tesoro nascosto. E allora basta la breve discesa di una bretellina, lo sbottonarsi di una camicetta, l’accavallarsi di una gamba e si spalanca l’abisso di ricami, coulotte, string galeotte, bustini, autoreggenti, “balconcini”, coppe e sangallo, in linea con quell’armamentario “devastante” che usavano le dive di tanti decenni fa e le nostre nonne con una naturalezza che oggi abbiamo perso.

Il messaggio della Cucinotta è chiarissimo: donne, riappropriatevi senza vergogna e senza chiedere il permesso a nessuno della femminilità che vi rende uniche. E a noi maschietti, stregati e rapiti da cotanto fulgore, ancora tanti decenni di questa fantastica schiavitù.

Maria Grazia Cucinotta “Come una pin-up” (Rai-Eri, pagg. 228, euro 28)