Roulette romana a piazza Mazzini, girare in tondo senza mai fermarsi

Roulette romana a piazza Mazzini, girare in tondo senza mai fermarsi
di Luca Ricci
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Sabato 19 Luglio 2014, 11:58 - Ultimo aggiornamento: 21 Luglio, 14:08
Era una di quelle sere d’estate perfette per una ragazzata. D’altronde la combriccola si era stufata di andare avanti e indietro per via del Corso, e le panchine dei colli, delle terrazze, delle ville, erano già tutte occupate dalle coppiette d’innamorati. «Ve la svolto io la serata,» disse uno che veniva chiamato Secco. «Andiamo a piazza Mazzini, saltate in macchina».



S’infilarono tutti nella Panda scassata del Secco e raggiunsero il luogo prestabilito. Qui il Secco parcheggiò e cominciò a spiegare la sua idea. Piazza Mazzini era anche conosciuta come una delle zone a maggior concentrazione d’incidenti della città. In effetti la piazza smistava il traffico di ben otto strade (sia in entrata che in uscita): via Brofferio, via Ferrari, via Settembrini, viale Mazzini, via Zerbi, via Oslavia, via Sabotino, ancora viale Mazzini.




«Avete presente la roulette russa?», chiese il Secco al resto del gruppo che pendeva dalle sue labbra. «Beh, guidare in questa piazza può diventare un azzardo assoluto, una specie di roulette romana». Le regole erano semplici: guidando a turno, avrebbe vinto chi faceva più giri della piazza senza mai fermarsi o frenare o anche solo decelerare. In pratica si sarebbero lanciati ignorando completamente le altre macchine, girando all’impazzata come fa il criceto nella sua ruota. «Ci state?» apostrofò la compagnia il Secco. «Chi non è un uomo può accomodarsi su una panchina dei giardinetti a guardare».



Fecero una specie di conta assurda per vedere chi partiva per primo, fumandosi una canna. Iniziò uno che veniva chiamato Pongo.
Fece due giri completi della piazza a tutta birra, ma all’inizio del terzo l’ombra immensa di un pullman turistico a due piani lo fece rallentare. Poi toccò a un certo Cappio che dopo neanche mezzo giro inchiodò per non mettere sotto una vecchia che attraversava. Infine prese il volante tra le mani proprio il Secco. Tolse il freno a mano come chi stia per lanciarsi da duemila metri senza intenzione di aprire il paracadute.
«Siete pronti?» domandò, istigando il gruppo. «Ora vi faccio vedere cosa significa giocare alla roulette romana».



La Panda si mise a girare in tondo come fosse telecomandata. Un proiettile avrebbe avuto più riguardo per il traffico in entrata e in uscita. Il Secco teneva il piede incollato sull’acceleratore, con lo sguardo fisso davanti a sé, mai degnandosi di guardare gli altri, o gli specchietti. Via Brofferio, via Ferrari, via Settembrini, viale Mazzini, via Zerbi, via Oslavia, via Sabotino, ancora viale Mazzini: ogni volta che il Secco incrociava uno di quei pericolosi affluenti una scarica di adrenalina sembrava scuotere la macchina. Alla fine i giri della piazza completi furono nove: un trionfo. Il Secco per molto tempo ripensò a quella serata di noia e pericolo con un pizzico di nostalgia, finché gli anni passarono e i ricordi sbiadirono. A dirla proprio tutta mise su pancetta, famiglia e una certa insindacabile cautela nell’affrontare le cose della vita. Un giorno si ritrovò per caso a dover attraversare piazza Mazzini, e un furgone che spuntava da via Oslavia colse in pieno la sua vettura. Neanche in quel momento, però, il Secco si ricordò del suo antico trionfo giovanile. Perciò- che sia stata una tragica coincidenza o l’inquietante dazio della piazza- non è vero che prima di morire si rivedono tutte le cose belle della vita. (Twitter: @LuRicci74)
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