Il partigiano Johnny non muore più: esce la seconda stesura del capolavoro di Beppe Fenoglio

Il partigiano Johnny non muore più: esce la seconda stesura del capolavoro di Beppe Fenoglio
di Renato Minore
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Mercoledì 1 Luglio 2015, 12:17 - Ultimo aggiornamento: 8 Luglio, 17:22
Johnny “si alzò col fucile di Tarzan e il semiautomatico… Due mesi dopo la guerra era finita”. Con un finale che ha sullo sfondo la morte del protagonista in un conflitto a poche settimane dalla Liberazione, si chiude la seconda stesura del “Il partigiano Johnny” di Beppe Fenoglio.



Ora però c’è una novità: ne “Il libro di Johnny” (Einaudi 784 pagine, 28 euro), il volume che ricostruisce il progetto originario di “Primavera di bellezza” e del “Partigiano Johnny”, il giovane non muore più: “Si sentì bene come non più da secoli”, “guardando il cupo ma non ostile cielo”, leggiamo nelle ultime righe. Il curatore Gabriele Pedullà ne insegue l’ideale continuum narrativo in un’edizione che rompe in maniera netta con quelle finora pubblicate per un autore in gran parte postumo, al centro di complesse querelles filologiche, una storia che potrebbe essere scritta come un vero e proprio romanzo. Tra il 1955 e il 1958, Fenoglio lavora a un romanzo fiume ispirato alla propria esperienza di militare e partigiano. Parte dagli anni del liceo di Alba, prosegue con il corso ufficiali a Roma, l’8 settembre, il pericoloso ritorno in Piemonte da disertore e l’adesione alla lotta partigiana. Il progetto originario entra in crisi , tra lettere, pressioni editoriali, ripensamenti. Fenoglio decide di fare di “Primavera di bellezza” un romanzo autonomo, mette in un cassetto le stesure di quello che sarebbe stato il secondo volume del libro, aggiunge tre nuovi capitoli e la chiusa, con la morte di Johnny e così lo pubblica Garzanti nel 1959. Poi mette mano a una seconda stesura, che presto abbandona. Così il romanzo resta in attesa di un eventuale seguito che l’autore non vede mai pubblicato in vita.



Esce postumo nel 1968, cinque anni dopo la morte di Fenoglio (scomparso all’età di quarantuno anni) in una versione curata da Lorenzo Mondo che mescola le due stesure, anche se Fenoglio non ha mai immaginato che la seconda parte del “libro grosso” (come lo chiama nell’epistolario il romanzo) potesse circolare da sola, una volta sacrificata all’accordo con Garzanti. Con i successivi libri, “Il partigiano Johnny” ha un record di edizioni critiche nel tentativo di consegnare ai lettori un testo al tempo stesso leggibile e rispettoso della volontà dell’autore. Provando a ricostruire il progetto originario di Fenoglio del “libro grosso”, Pedullà taglia e cuce tra pagine da lui pubblicate in vita e testi postumi, avvalendosi di testimonianze dirette e dei carteggi con gli editori. Entra nell’officina mentale dello scrittore tra le più fervide del nostro Novecento tra brogliacci, appunti, redazioni di racconti e romanzi con scene, metafore, gerghi che passano senza soluzione di continuità da un testo all’altro. Un uomo che ci viene incontro da una fotografia che lo ritrae con la camicia bianca, le maniche arrotolate, la sigaretta in mano e nell’altra la penna, curvo nella“fatica nera” della scrittura. Cosi scorticato dalla vita e rigoroso nel furore parossistico di scrivere che passa come un intruso nella società letteraria, fatta d’inchini, astuzie, piccole strategie e mode vincenti che emarginano ogni sensibilità davvero aliena. Oltre ai tantissimi episodi inediti, per Pedullà la principale novità del “Libro di Johnny” è legata alla nuova organizzazione strutturale e alla scoperta del peso assai forte che il modello di Virgilio ha avuto nel suo progetto epico. Con la parte inizia dedicata alle peregrinazioni di Johnny lontano da casa, e la seconda parte incentrata sulla guerra nelle Langhe, Fenoglio dimostra di avere consapevolmente ripreso l’architettura dell’Eneide, dove ai primi sei libri, ispirati alle peregrinazioni di Ulisse, seguono altri sei libri costruiti sulla falsariga dell’Iliade.



All’epica del viaggiatore segue quella del guerriero, con Johnny chiamato a combattere nei luoghi della sua infanzia per traghettare la civiltà oltre la barbarie del fascismo e della guerra, proprio come Enea dopo la distruzione di Troia. Un’interpretazione rafforzata dal gran numero di episodi direttamente costruiti sulla falsa riga del modello virgiliano, come quello in cui il comandante Nord profetizza ai suoi soldati che di lì a un anno ameranno ricordare le fatiche subite, esattamente come Enea nel primo libro dell’Eneide. La storia di un ragazzo che diventa uomo, segue per diverse centinaia di pagine il protagonista raccontando la sua parabola sempre più solitaria. E’ l’odissea della guerriglia civile vista con gli occhi di chi supera gli steccati e guarda ai problemi estremi, alle cose ultime, agli interrogativi del destino, la morte, la violenza,il bene, il male, la libertà, la pace.



Una guerra “strana, domestica” come quella partigiana anzi proprio per questo più coinvolgente più rivelatrice , diventano grandiosi gli eventi anche minimi, anche vili o comici, crudeli grotteschi. Fenoglio è il libero aedo di una guerra lungamente vincolata alle ipoteche dell’ideologia, con la consapevolezza della tragedia che si consuma, dei valori che si fronteggiano, dell’eroismo necessario per proseguire la lotta ma anche della malinconia che colpisce i vincitori non meno di quanto i vinti siano disperati dal peso immenso che una guerra come quella comporta per le nuove non meno che per le vecchie generazioni. Johnny compie fino in fondo il proprio percorso di autoeducazione e, come nei migliori romanzi di formazione, avanza ormai verso la vita adulta.



E il fatto che non muoia alla fine del racconto conferma ancora di più la volontà di Fenoglio di elaborare attraverso il proprio alter ego un grande mito positivo di rifondazione civile e culturale, la vita partigiana si è trasformata in epica, l’epica nella più convincente lezione di storia.