Dario Fo: voglio riabilitare Cavallini, grande artista romano messo in ombra da Giotto

Dario Fo: voglio riabilitare Cavallini, grande artista romano messo in ombra da Giotto
di Rita Sala
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Martedì 2 Settembre 2014, 13:58 - Ultimo aggiornamento: 5 Settembre, 20:07
Dario Fo ha un obiettivo: “riabilitare” Pietro Cavallini. Voglio - dice - ridare a un grande artista, un grande innovatore, ci che gli spetta. Gran parte dei ventotto riquadri della Basilica Superiore di Assisi sono di sua mano. E in questa operazione di giustizia non sono solo. Anche Bruno Zanardi, insigne restauratore e storico dell’Arte, la pensa come me. Anche lui ritiene che, a parte la giovinezza di Giotto, all’epoca causa impediendi per l’affidamento di una commessa così importante, è lo stile a far pensare alla mano dell’artista romano».

La battaglia per Cavallini, Fo la combatterà a Roma, con un evento dal titolo Giotto o non Giotto? al quale il sindaco Marino ha già dato l’assenso. «Sarà ora, ad inizio stagione, con ogni probabilità all’Auditorium - continua l’attore-drammaturgo-pittore, Nobel della letteratura 1997 -. La data precisa verrà fissata a breve, dipende dagli accordi con la Rai, che riprenderà lo spettacolo come ha fatto con Lu Santo Jullare Francesco».



Fo, prima di decidersi ad affrontare un argomento che i fedeli alla tradizione giottesca preferiscono evitare, ha fatto ricerche specifiche per quattro anni. «La questione della giovinezza di Giotto, che ho ricordato prima, è indubbia, anche se all’epoca, essendo considerati vecchi a cinquant’anni, un uomo di venticinque poteva dirsi maturo. Ma parliamo di tecnica e stile. Stesura del colore, ombre, velature, uso dell’appretto sono quelli del Cavallin. Zanardi, che citavo all’inizio, restauratore della Basilica di Assisi dopo il terremoto del 1997, ha messo in discussione da vicino l’attribuzione a Giotto, sostenuta dal Vasari, degli affreschi della vita di Francesco della Basilica Superiore. Riconoscendo nelle opere la mano di un artista di scuola romana, sottolineò come fosse strana l’assenza del solo Cavallini, tra i pittori gotici, dal Cantiere di Assisi. Federico Zeri gli diede ragione. Oggi gliela dà anche Vittorio Sgarbi».



Se gli chiedi perché si sia tanto appassionato a Cavallini, Fo insiste sulla necessità di «riparare, fare giustizia nei suoi confronti». «Cavallini - continua - ovvero Petrus Caballinus de Cerronibus, attivo soprattutto a Roma, dalla seconda metà del Duecento fino al 1330 circa, è stato un pittore sommo e insieme sfortunato. Il sessanta per cento del suo lavoro è andato distrutto. Merita di più. Una riabilitazione, appunto. Il riconoscerlo protagonista del ciclo della vita di Francesco ad Assisi nulla toglierà al valore e alla fama di Giotto».

L’attore ricorda come Lorenzo Ghiberti, nei suoiCommentarii, parli in modo assai lusinghiero del romano: «Pietro Cauallini, ... dottissimo infra tutti gli altri maestri». Cita inoltre le sue pitture miliari: a San Pietro (i quattro Evangelisti nella controfacciata), a Santa Cecilia in Trastevere (affreschi), a San Crisogono, a Santa Maria in Trastevere (gli splendidi mosaici), a San Francesco a Ripa (affreschi), a San Paolo fuori le mura (mosaico sulla facciata e affreschi della navata e nel capitolo). Fa memoria della partigianeria del Vasari, che per amor di territorio e senza curarsi dell’anacronismo insostenibile al quale andava incontro, definisce il Cavallini un “discepolo di Giotto” e ne provoca l’ingiusta ghettizzazione, contro «oggi ancora si combatte».



L’amore e l’interesse di Dario per l’arte del Medioevo e del Rinascimento sono testimoniati dalle molte lezioni-spettacolo, alcune delle quali memorabili, sulle sculture del Duomo di Modena e del Duomo di Parma, sul Mantegna, su Giulio Romano, Michelangelo, Leonardo, Raffaello, Caravaggio, Correggio. Il percorso arriva fino a Tiepolo.



Il debutto di Giotto o non Giotto, nelle prime intenzioni dell’attore, sarebbe dovuto avvenire sul sagrato della Basilica assisana, con il beneplacito dei frati del Sacro Convento e del sindaco della città. Il Vescovo ha invece bocciato il progetto. «Io sono comunque e sempre in comunicazione con i frati - precisa Fo -, ci scriviamo via mail, ci telefoniamo. Loro non hanno mai tenuto nulla da un’eventuale appuntamento di fronte alla Basilica né, tantomeno, da un riassetto più che doveroso e giustificato della storia dell’arte. Vuol dire che Pietro Cavallini sarà degnamente ricordato e celebrato nella sua città, dove soprattutto gli affreschi della basilica di Santa Cecilia e i mosaici di Santa Maria in Trastevere dimostrano a quale grado di capacità tecniche egli fosse arrivato, rompendo decisamente con le forme bizantine, “immobili” e sacerdotali, e inglobando al meglio nella sua ispirazione le novità della pittura e dalla scultura toscane».
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