Frances McDormand, l'antidiva: «Hollywood è contro le donne»

Frances McDormand, l'antidiva: «Hollywood è contro le donne»
di Ilaria Ravarino
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Venerdì 22 Maggio 2015, 23:08 - Ultimo aggiornamento: 23 Maggio, 10:12
"Sono una donna normale. Il novanta per cento dei ruoli che ho interpretato mi sono stati affidati per far sembrare più bella la star maschile che avevo accanto o più intelligente lo script". Attrice indimenticabile di Fargo e della serie tv Olive Kitteridge, produttrice e moglie del regista Joel Coen, Frances McDormand si è concessa ieri in una delle sue rare apparizioni pubbliche al festival di Cannes, la cui giuria è presieduta quest'anno proprio dal marito. L'occasione, il panel su "donne e cinema" organizzato dallo sponsor Kering, non la lasciava certo indifferente: "Le donne per sfondare nel cinema non hanno bisogno di aiuti, di "iniziative", di chiacchiere - ha detto - Abbiamo bisogno di soldi. Dateci un sacco di soldi e vedrete".



I soldi, invece, dove vanno a finire?



La maggior parte dei soldi di Hollywood finiscono in tasca ai maschi protagonisti dei film d'azione. Capiamoci: non ho niente contro i film d'azione, mi piacciono tantissimo. Con mio figlio ho visto tutta la serie di Fast and Furious.



Le donne, a Hollywood, sono pagate meno degli uomini. Anche lei?



Tutte! Prendete Meryl Streep, una delle più grandi: non credo sia mai stata pagata quanto i suoi colleghi. Quando ho fatto Transformer, e vi giuro che ho lavorato duro per quei soldi, ho guadagnato un decimo di quanto prenda normalmente un attore della mia età e della mia reputazione.



Per questo ha cominciato a fare anche la produttrice?



All'inizio non volevo. L'idea di dedicarmi a un progetto e dover aspettare magari cinque anni per poterlo realizzare mi sembrava una follia. Ma poi ho capito che poteva essere un'occasione per costruire personaggi femminili completi e interessanti. Roba che di solito ti capita in teatro: al cinema sei sempre figlia, sorella, moglie, nonna. E superati i quarant'anni a Hollywood non esiste niente.



Potrebbe fare la regista.



No, no. Un regista in famiglia è sufficiente.



Parla mai con suo marito dei personaggi femminili dei suoi film?



All'inizio della nostra relazione ne discutevamo spesso. Gli chiedevo: perchè tu e tuo fratello non scrivete un film con una protagonista donna? E lui mi diceva: perchè non ne siamo capaci. Ma con il tempo hanno imparato. Oggi posso dire che Joel e Ethan sono due registi femministi.



Dal vostro film, Fargo, è stata tratta una serie tv. Che ne pensa?



Quel film è stato importantissimo per la carriera di Joel e Ethan e ha segnato un momento importante nella storia del cinema americano contemporaneo. Mi chiedo: che bisogno c'era di ripetersi? Che senso ha riproporre uno stile che non appartiene a nessun altro, a parte loro? Poi non posso giudicare, perchè la serie non l'ho vista. Ma sono felice che l'attrice che ha interpretato il ruolo che fu il mio, grazie al successo della serie, oggi stia ricevendo molte proposte. Questo mi riempie di gioia.



Che ne pensa della rivolta contro l'obbligo dei tacchi sul red carpet di Cannes?



Le regole mi piacciono perché è divertente romperle. Qui a Cannes i tacchi sul red carpet sono una tradizione, per i francesi è inconcepibile farne a meno. Ma io sono una donna da Sneakers, non da tacchi. E francamente le ballerine mi sembrano più eleganti di certi trampoli...



Il red carpet, si dice, è il regno delle donne.



Una grande bugia. Il tappeto rosso è solo un'orgia in cui si incontrano moda, cinema, marketing e promozione. Senza contare che a me tutto quel nudo e quelle trasparenze sembrano più volgari che eleganti.



Ha scelto di limitare la sua presenza in pubblico. Perchè?



Perchè per anni ho faticato a mettere in equilibrio la mia micropopolarità con il resto della mia esistenza. Non ho mai avuto molti filtri che mi separassero dal resto del mondo: solo una babysitter e la mia publicist. Quando mio figlio aveva otto anni, andavo con lui dal panettiere e mi ritrovavo a dovergli spiegare perchè la gente si voleva fare le foto con me e non con lui. Ci ho messo dieci anni a capire come dovevo fare. Dovevo chiudere con quella parte della mia vita.



E ora come fa quando le chiedono una foto?



Dico: "Piacere, sono Frances, recito e basta, non faccio più foto. E tu come ti chiami? Scommetto che il tuo ragazzo ti crederà lo stesso, quando gli dirai che mi hai incontrato".



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