Festival Venezia, Everest il kolossal non svetta

Festival Venezia, Everest il kolossal non svetta
di Fabio Ferzetti
3 Minuti di Lettura
Giovedì 3 Settembre 2015, 06:00 - Ultimo aggiornamento: 10 Settembre, 20:46
dal nostro inviato

VENEZIA - Un film che riesce a non sorprendere mai nonostante i crepacci, le valanghe, le bufere, i ponti di corda dondolanti sopra abissi in 3D, e l'inflazionatissima scritta iniziale “da una storia vera”: Everest dell'islandese Baltasar Kormakur. E un altro che invece spiazza, si interrompe, ricomincia, tenendo lo spettatore sulla corda senza mai giocare con i nostri riflessi condizionati come fa il 99 per cento dei thriller in circolazione: Un monstruo de mil cabezas, cioè Un mostro con mille teste, del messicano Rodrigo Plà.



Il primo ha inaugurato la Mostra fuori concorso, dissolvendo i sogni di chi sperava si ripetesse il miracolo di Gravity e Birdman, i grandi film d'apertura degli due ultimi anni. Il secondo invece ha aperto la sezione Orizzonti riportando al Lido il regista de La zona, che proprio qui nel 2007, alle Giornate degli Autori, aveva vinto il Leone del futuro. Creando aspettative altissime in platea, per paradosso, perché se Orizzonti è tutta di questo livello chissà cosa ci aspetta in Concorso...



Il problema in realtà è semplice: ci sono i film che applicano in modo più o meno brillante formule preesistenti e quelli che inventano qualcosa di nuovo. I festival dovrebbero essere fatti per i secondi, che esistono tra i no budget come tra i kolossal. Ma visto che i blockbuster ad alto rischio sono rari e difficili da ottenere, ecco il convenzionalissimo Everest. Un pugno di volti noti e meno noti, tre spedizioni in lizza per arrivare sulla vetta piùalta del mondo, con traffico e ingorghi tra i ghiacciai dell'Himalaya (in realtà molte delle scene più spettacolari sono state girate nella Val Senales, in Trentino), e una vaga critica al consumismo che spinge masse di sportivi della domenica a improvvisarsi scalatori.



LA TRAMA

Ci vorrebbe anche un pizzico di suspense, ma sappiamo già come andrà a finire. E dato che da quando esiste Hollywood a sopravvivere sono (quasi) sempre gli attori più famosi, è difficile appassionarsi a questi avventurieri spinti oltre gli 8000 metri da ragioni molto diverse. Ci sono le guide Jason Clarke e Jake Gyllenhaal, la mogliettina incinta e lontana (Keira Knightley), il texano testa calda (Josh Brolin), il divorziato che vuole far colpo sui suoi bambini, il reporter-alpinista che a quelle imprese dedicherà uno dei suoi libri più famosi (Aria sottile, di Jon Krakauer, autore anche del reportage che ispirò Into the Wild di Sean Penn, ma qui siamo in un'altra galassia). Tutto vero ma trattato in modo così scontato che restano in mente solo i dettagli. Come il prezzo delle spedizioni (nel '96 conquistare l'Everest costava 65.000 dollari). O l'utilità dei bibitoni energetici fosforescenti, preziosissimi se vi perdete tra i ghiacci a 8000 metri e dovete segnalare la pista d'atterraggio a un elicottero.



Per fortuna subito dopo c'era il messicano, che racconta senza un attimo di cedimento la guerra personale di una cittadina come tante contro i mostri senza volto che ci rubano l'anima, i quattrini e la salute. Sonia ha un marito col cancro, un figlio adolescente, un dottore che non la riceve e si fa negare perfino quando va a cercarlo nella grande società di assicurazioni per cui lavora. Perché gli negano una certa terapia? E perché nessuno vuole parlarle? Potrebbe essere un thriller sociale come tanti, con la moglie esasperata che decide di farsi ascoltare sequestrando il medico e poi i dirigenti della società.



PUNTI DI VISTA

Ma Rodrigo Plà spezzetta l'azione, torna indietro, cambia punto di vista, inserisce voci fuori campo che commentano tutto dopo, dal tribunale, e ogni volta cambia tono, emozione, registro. Fino a rendere tutto così sfaccettato e complesso che il film dura appena 75 minuti ma sembrano il doppio. Miracoli del buon cinema, regista e attori hanno passato tre mesi insieme a provare prima di girare «per creare vincoli familiari e professionali fra i personaggi», dice Plà. Ma anche della collaborazione con l'autrice del romanzo da cui è nato il film, Laura Santullo. Una sintonia così perfetta che nella vita regista e scrittrice sono marito e moglie.