Oud, profumo d'Oriente: la fragranza esotica è diventata il perno per firme eccellenti

Oud, profumo d'Oriente: la fragranza esotica è diventata il perno per firme eccellenti
di Anna Guaita
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Sabato 19 Luglio 2014, 12:25
L’uomo lo conosce da millenni. E’ perfino citato nella Bibbia, nel Cantico dei Cantici. Pochi profumi al mondo possono vantare origini così remote e nobili, e pochi profumi al mondo costano tanto da essere stati soprannominati “oro liquido”. L’oud, noto anche come Agarwood, è il profumo per eccellenza nel Medioriente: le elite dei Paesi del Golfo pagano cifre astronomiche per aggiudicarsi piccole ampolle di questo olio, di cui poche gocce sono sufficienti a diffondere una fragranza intensa. Il costo dell’oud, sempre alto, è aumentato del 500 per cento negli ultimi 20 anni man mano che veniva scoperto e richiesto dai produttori in Occidente. Ma l’approdo di questa fragranza esotica nel nostro mondo per l’appunto avviene quando la produzione della resina da cui è distillata va diminuendo, da qui i costi alle volte stratosferici.



La prima grande Casa a scoprirlo è stata la Yves Saint Laurent che nel 2002 ha presentato al pubblico l’M7 Oud Absolu di Tom Ford. L’ultima in ordine di tempo sarà quest’estate Gucci, che arriva con Gucci Oud, una fragranza unisex, che la direttrice creativa della casa, Frida Giannini, definisce «opulenta e misteriosa, come un viaggio nell’ignoto». Ma negli ultimi dieci anni l’Oud è diventato il perno di alcuni grandi profumi con firme eccellenti, da Armani a Christian Dior, da Valentino a Dolce&Gabbana, da Lancôme a Ferrari. Anche se addolcito in cocktail che ne smussano l’intensità profonda, possiamo dire che questa fragranza è entrata nelle nostre vite per restarci.



Dunque l’Occidente scopre l’essenza che da molti secoli caratterizzava intensamente la vita di gran parte dell’Islam. E pensare che invece l’oud è originario del sud-est asiatico. Questa resina è infatti una delle più curiose produzioni della natura: è una essudazione aromatica che gli alberi del tipo Aquilaria producono per proteggersi dagli attacchi di muffe, funghi o insetti che intacchino la loro corteccia. La lotta dell’albero contro l’invasore e per la sopravvivenza è diventata tragicamente la ragione della sua morte. Come i cacciatori di frodo uccidono i rinoceronti per rubarne i corni, i raccoglitori di Agarwood hanno abbattuto alberi indiscriminatamente per cavarne la resina. Sono dunque diventati alberi rari, e il loro sfruttamento deve avvenire secondo le leggi severe della “Convenzione sul commercio internazionale delle specie minacciate di estinzione”.



Ma i “cacciatori di frodo” esistono ancora, e quindi i commercianti legittimi lavorano in stretta collaborazione con i governi dei Paesi interessati e tengono segrete le località esatte dove la resina viene prelevata con una procedura chirurgica che non danneggia l’albero. Oggi le foreste più fruttifere sono nell’Assam, uno Stato nell’estremo lembo nord-orientale dell’India. Lì vivono ancora alberi secolari sopravvissuti alle accette di cacciatori indiscriminati. Per un incredibile ironico gioco del destino, anche ai confini fra il Laos e il Vietnam si trovano alberi antichi e generosi produttori della resina: qui durante la guerra in Vietnam, gli americani scaricarono tante bombe e molti alberi rimasero “feriti”, per cui cominciarono a rilasciare la loro essudazione difensiva. Proprio in quel territorio la percentuale di alberi aquilaria che hanno prodotto la resina aromatica è ben più alta della media: di solito solo un rarissimo due per cento delle aquilarie è attaccato da una malattia e produce Agarwod, qui siamo ben oltre il 50%.



Intanto, anche per dare soddisfazione al mercato in crescita, gli scienziati in Occidente stanno collaborando con i governi del Vietnam, Tailandia, Malaysia, Papua Nuova Guinea and Myanmar per creare nuove piantagioni. Il professor Robert Blanchette, patologo dell’Università del Minnesota, ha brevettato un sistema di inoculazione di batteri sotto la corteccia di giovani aquilarie, per causare la produzione della resina. La firma chimica del prodotto è identica, ma questi sono ancora alberi giovani e l’essenza ha meno intensità di quella proveniente da piante secolari. I “nasi” nel mondo dei profumi spiegano che i due prodotti sono diversi come le perle naturali sono diverse dalle perle coltivate. E infatti in commercio si trova oud a “soli” 8 mila dollari al chilo, mentre quello più pregiato supera di gran lunga i 50-60 mila dollari, con punte così alte da diventare più caro dell’oro. In Cina, lo scorso autunno, un chilo di olio oud particolarmente puro è arrivato a costare 300 mila dollari. E per avere un punto di riferimento: il prezzo di un lingotto di oro puro di un chilo si aggira oggi intorno ai 43 mila dollari.
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