Uomini-donne, l’antagonismo vada in soffitta

di Lucetta Scaraffia
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Venerdì 6 Marzo 2015, 23:24 - Ultimo aggiornamento: 7 Marzo, 00:15
A cominciare dalla campagna e dall’hashtag che ha lanciato l’attrice Emma Watson, ambasciatrice dell’Onu per i diritti delle donne – #HeforShe (#LuiperLei) – quest’anno la celebrazione della festa della donna si sta prospettando un po’ diversa. Meno lamentosa nei confronti del gap che tuttora le donne vivono sul lavoro e nella condivisione delle cure domestiche, sino a mettere da parte, almeno temporaneamente, la denuncia dei femminicidi. Cosa c’è di nuovo?

Le donne si stanno accorgendo del cammino fatto, e per un momento si voltano a guardare gli uomini con occhio benevolo: non più oppressori, né feroci competitori, ma possibili compagni, solidali nella vita quotidiana. Sono in molte ad accorgersene, soprattutto fuori del nostro Paese, da questo punto di vista ancora molto affezionato alle logiche del lamento.



Non solo Watson si rivolge con speranza agli uomini: anche una scrittrice francese, Claude Habib, ha scritto un piccolo libro, Il gusto della vita insieme - che ha avuto uno straordinario successo in patria e fuori - per riabilitare la vita a due, in compagnia di un uomo che, se pure diverso, collabora alla riuscita di una vita quotidiana complessa. Habib riporta in auge addirittura un’idea che le femministe hanno sempre accantonato con disprezzo, quella di complementarità: non necessariamente significa oppressione, scrive, e anzi può anche essere interpretata come una divisione di compiti, a seconda delle attitudini di ciascuno, al fine del bene comune.



Le donne possono persino fare la spesa, forse addirittura attaccare i bottoni, se l’uomo con cui dividono la vita porta l’auto dal meccanico e paga le bollette. La loro vita quotidiana ne trae giovamento, e questo è quello che conta. Non importa se in questo modo non si realizzano astratti modelli di eguaglianza, creati in base a principi ideologici: conta solo la realtà di una vita migliore. Un’altra francese, la filosofa politica Camille Froidevaux-Metterie, ha avuto addirittura il coraggio di scrivere che forse alle donne piace lavorare in casa, per la propria famiglia, e per questo sono restie a cedere quote del loro doppio lavoro quotidiano.



Anche perché ne ricavano soddisfazioni affettive importanti che migliorano la loro vita, così gratificanti che anche gli uomini le vogliono imitare, e partecipare a quella che fino a poco tempo fa era considerata poco meno di una punizione: la quotidianità domestica, la cura degli altri. Negli ultimi tempi, infatti, abbiamo assistito a una mascolinizzazione delle attività domestiche e dell’allevamento dei bambini, che, pur non paragonabile alla massiccia femminilizzazione dello spazio pubblico caratteristica della modernità, segna però una tendenza non trascurabile.



Soprattutto non si può negare che di passi in avanti le donne ne abbiano fatti tanti, grazie a quella che è stata definita la più vittoriosa rivoluzione della modernità. In realtà, oggi viviamo in una società in cui non esistono più ruoli sessuali separati, lavori per donne o per uomini: ogni barriera di genere è caduta, sia attraverso l’ingresso massiccio delle donne nello spazio pubblico, sia nel meno massiccio, ma innegabile, avanzamento degli uomini nello spazio domestico. Le ragazze di oggi possono scegliere di fare qualsiasi cosa, hanno le stesse possibilità dei loro coetanei maschi, e stanno approfittando con serietà e impegno delle nuove vie che si aprono davanti a loro.



Certo, ci sono ancora situazioni diseguali, lavori femminili non riconosciuti e sottopagati più ancora di quanto accada per i lavori maschili. Certo, la Chiesa cattolica si presenta ancora come una struttura di potere e di direzione tutta maschile, ma comincia a sentirsi sempre più spesso, anche al suo interno, l’appello delle donne a farsi ascoltare, insieme all’attenzione verso le donne da parte di papa Francesco. La sensazione è che anche lì questa preminenza maschile non possa più continuare a lungo.



Possiamo quindi, quest’anno, guardare con più ottimismo all’8 marzo, sorridere e perfino chiedere un aiuto agli uomini. Pensando che non sono per definizione i nostri nemici, ma coloro con i quali condividiamo la comune fatica di vivere.