Jewel Shuping e la sindrome di Biid che le ha fatto scegliere di diventare cieca

Jewel Shuping e la sindrome di Biid che le ha fatto scegliere di diventare cieca
di Anna Guaita
3 Minuti di Lettura
Domenica 4 Ottobre 2015, 19:12 - Ultimo aggiornamento: 5 Ottobre, 17:46
La salute è tutto. Lo diciamo spesso, e lo crediamo. Eppure esistono al mondo persone che soffrono di un disturbo psichiatrico, che le porta a desiderare di avere qualche grave handicap. Tre anni fa rimanemmo sconvolti davanti al desiderio di una signora americana, Chloe Jennings-White, che sognava di diventare paraplegica, e cercava un chirurgo disposto a tagliarle il cordone spinale. Nessuno si è fatto avanti per aiutarla in questa scelta tragicamente folle. Ma un’altra donna, anche lei sofferente dello stesso disturbo della personalità ha ottenuto quel che voleva: diventare cieca.



Jewel Shuping ha perso la vista oramai da otto anni, ma la sua storia – nota solo ai familiari e agli amici – è arrivata sui media solo la scorsa settimana. La 30enne residente della Carolina del nord ha raccontato come sia arrivata a farsi applicare gocce corrosive negli occhi da uno psicologo che l’aveva in cura. Il nome del medico non viene mai citato nella storia di Jewel, e questo ha spinto molti a sospettare che la storia non fosse vera. Ma un’indagine di un sito specializzato nel denunciare le “bufale” del web ha confermato che invece la storia è vera. Solo le date non sono corrette. Ci sono numerose prove sia nella pagina Facebook della donna, sia in articoli medici degli ultimi anni per confermare che Jewel ha sofferto di un disturbo che si chiama Body Integrity Identity Disorder, noto come Biid, e che nel 2008 è riuscita a perdere la vista.



La sindrome Biid è la stessa di cui soffre Chloe Jennings-White: colpisce persone sane che si sentono a disagio nel proprio corpo, e sentono che debbono, assolutamente debbono, in qualche modo debilitarlo. In genere questa sindrome si manifesta con il desiderio di perdere l’uso di una o tutte e due le gambe. Professori specializzati nella diagnosi e nella cura del Biid come il neuropsicologo Erich Kasten dell’università di Lubecca o lo psichiatra Michael First della Columbia University, spiegano che spesso neanche l’approccio congiunto di terapia e farmaci riesce a salvare questi pazienti. Tuttavia la medicina ufficiale è categorica nel rifiutarsi di soddisfare il desiderio malato dei sofferenti di Biid.



Il bello – o il tragico – è che anche Jewel Shuping dà ai compagni di malattia lo stesso consiglio: “Non agite di impulso. Io sono felice di essere diventata cieca, era quel che volevo, e mi sento realizzata. Ma voi non fatelo, perché presto si troverà una cura per il nostro disturbo, e se agite in modo irreparabile, poi non potrete tornare indietro”.



Jewel ha desiderato la cecità fin da quando aveva solo tre anni. La madre la trovava di notte che camminava nei corridoi bui della casa. Più avanti, la madre le raccomandò un giorno di non fissare direttamente il sole, perché le avrebbe causato danni alla vista, e lei invece si mise a fissarlo per ore: “Speravo di diventare cieca. Sapevo che dovevo essere cieca per essere serena”.



Durante gli anni dell’adolescenza, Jewel si dedicò a imparare l’alfabeto Braille per i non vedenti. Poi cominciò a fingere la cecità, indossando occhiali nerissimi, e utilizzando un bastone. E’ stato nel 2008 (non nel 2006, come è stato riportato) che alla fine ha trovato uno psicologo che ha scelto di assisterla. Dopo un anno di terapia intensiva (e non solo due settimane), in cui aveva provato anche meditazione, yoga e ipnosi, lo psicologo si era convinto che per Jewel quella fosse la via giusta. Così l’aiutò, mettendole gocce anestetizzanti, seguite dalle gocce corrosive di un prodotto utilizzato per sgrassare i tubi. Jewel ha raccontato di aver provato molto dolore, mentre le gocce le scivolavano sulle guance, ma anche gioia: “Pensavo: finalmente, sto perdendo la vista”.



In realtà, la vista ci impiegò sei mesi ad andarsene del tutto. Lo psicologo aveva aspettato mezz’ora e poi l’aveva portata in ospedale, perché la medicassero, E i medici avevano combattuto per ore per cercare di salvarle gli occhi. L’indomani mattina, svegliandosi, Jewel sostiene di aver provato prima gioia e poi “intensa rabbia” quando – tolte le bende – si accorse che riusciva ancora a vedere.



Gli occhi danneggiati però piano piano subirono una specia di collasso, e all’alba del 2009, Jewel era davvero cieca. La detestata integrità del suo corpo era finalmente scomparsa.