Sanremo, Elio: «Che rassegna monotona»

Sanremo, Elio: «Che rassegna monotona»
di Federico Vacalebre
3 Minuti di Lettura
Domenica 17 Febbraio 2013, 10:10 - Ultimo aggiornamento: 23:51
SANREMO Nel Festival ringiovanito si sono ritrovati i pi anziani, ma nessun giovanotto ha messo in mostra l’estro musicale, la creativit, il brio che hanno sfoggiato nelle loro tre esibizioni: da chierichetti autoscomunicati in Dannati forever, da musicanti goodfellas dalla larga fronte in Un bacio piccolissimo, da geniali profeti della metacanzone in Do con La canzone mononota, seconda classificata e inevitabilmente insignita del premio della critica intitolata a Mia Martini, bissato dal premio come miglior arrangiamento, come facilmente intuibile sin dal primo ascolto dei 28 pezzi in gara, negli studi Rai milanesi di corso Sempione.



A proposito, Franco Belisari,in arte Elio: ma quante canzoni monotone c’erano, invece, in questo Festival?

«Troppe, la varietà non era certo una dote di quest’edizione, il ritmo latita, come sempre negli ultimi 10-15 anni, almeno. Chi va all’Ariston pensa a un bel lento drammatico, a un testo d’amore o di sdegno, non certo a far battere il tempo con il piede o a strappare un sorriso».



Eccezioni?

«Le solite, Max Gazzè & Company, insomma. Ma, tra i cantanti più tradizionali, il pezzo di Annalisa almeno era mosso».



LA SCENEGGIATA

Amate sceneggiare le vostre prosposte, in concerto come all’Ariston, mirando a strappare anche un sorriso. Di solito si parla di voi come dei rocker illuminati dal genio freak di Frank Zappa, ma potrebbe venire in mente anche la lezione più autarchica di Renato Carosone.

«Certo, è un'influenza dichiarata per noi, che pure siamo tanti ed abbiamo gusti diversi tra di noi. Ma, sul fronte della produzione italiana, non possiamo non guardare all’americano di Napoli. Con Peter Van Wood e Gegè Di Giacomo, con la sigla «cantanapoli», con piccoli oggetti di scena, ghigni e sberleffi, vestiva di sorriso una musica leggera che era persino più tediosa di quella di adesso. A noi piace travestirci per sorprendere, in questi giorni abbiamo mantenuto il più rigoroso segreto sulle nostre tenute, minacciando di morte i nostri collaboratori se avessero lasciato trapelare qualche indiscrezione».



Quanto dura il lavoro di trucco per trasformazioni accurate come quelle festivaliere?

«Anche due ore, è un duro lavoro, ma qualcuno deve farlo, se non vogliamo morire di noia. E far morire di noia i telespettatori, per ore davanti alla tv a seguire un gruppo monotono di cantanti monotoni».



Piaciuta la formula di questo Sanremo 2013?

«Direi di sì, innanzitutto ci hanno lasciati liberi di fare tutto quello che volevamo fare, e questo è davvero importante, poi le due canzoni in gara, diventate tre con quella della serata amarcord, ci hanno obbligati a pensare, a tirar fuori suoni, parole, idee. Anche a investire, per quanto nelle nostre possibilità».



ROCCO

Nessun problema nemmeno quando avete deciso di invitare un pornodivo come Rocco Siffredi?

«Il suo cameo ha permesso di aggiungere risata su risata, avevamo già lavorato per lui, non credo proprio che qualcuno possa dirsi scandalizzato. Di cose scandalizzanti in giro ce ne sono ben altre. Penso all’Italia: spero che Berlusconi sia sconfitto».



Con la crisi della discografia che c’è, molti artisti, voi compresi, non sono arrivati al Festival con un nuovo album.

«Lo stiamo completando, senza fretta, i pezzi del Festival ci sono, ma non si può correre a realizzare un disco solo perché arriva Sanremo. I cd non venderanno come un tempo, noi non abbiamo mai venduto chissà quante copie, ma continuiamo a fare musica alla maniera di Elio e le Storie Tese: con scrupolo e curiosità, voglia di divertirci e divertire».


© RIPRODUZIONE RISERVATA